Ora serve un prestito Italia (solidale) per far ripartire il paese

Alberto Baban, Orlando Barucci e Fabrizio Pagani, sul Corriere della Sera del 4 marzo, hanno proposto un ambizioso e articolato piano di interventi che va dalle detrazioni fiscali alle esenzioni Iva per alcune attività. Oltre ai super ammortamenti per investimenti diretti a sfruttare questa drammatica contingenza per orientare le produzioni nel senso di una maggiore sostenibilità. Gli autori parlano anche di prestiti al consumo a tassi zero su lunghe, lunghissime scadenze. Sostanzialmente a fondo perduto. Non si può non essere d’accordo. l’emergenza

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di Enrico Marro e Claudia Voltattorni

Da usare bene

Pur tuttavia occorre ricordare, ancora una volta, che non esistono pasti gratis. Nemmeno nelle emergenze. Il deficit e il debito non diventano d’incanto virtuosi a prescindere. In tutte le occasioni. Né il ricorso eccezionale a un ciclo di spesa pubblica espansiva dimostra, in sé e per sé, che fregarsene dei limiti di bilancio sia una buona cosa. E ci si debba rammaricare di non averlo fatto in tempi migliori. No, non è così. Gli sprechi e l’inefficienza nell’allocazione di capitali pubblici e provvidenze private — com’è accaduto in troppi anni nella storia recente — restano un delitto. Ancor più grave nel momento in cui il Paese è paralizzato da un male oscuro. La necessità di usare bene le poche disponibilità di uno Stato indebolito e tramortito da un nemico invisibile, è ancora di più un dovere morale. Altrimenti è una forma inaccettabile di sciacallaggio, paragonabile ai profitti indebiti di una guerra, alla sottrazione degli aiuti per un terremoto, alle truffe sugli immigrati, sulla pelle degli anziani e dei disperati. Non è un discorso fuori luogo vista l’emergenza. Tutt’altro.

Solidale e non forzoso

Tra un aiuto immediato e un investimento a medio e lungo termine, non c’è dubbio che il primo sia più urgente. Ma il secondo è irrinunciabile per non avvitarsi al ribasso in una spirale infernale che ci condanna al declino. Allora fare più deficit può bastare per le prime misure immediate, rinvio di scadenze fiscali, sostegni ai consumi e alla solvibilità delle imprese. Ma il Paese ha bisogno di un «polmone finanziario» per programmare gli investimenti per la sua Nuova Ricostruzione, nelle infrastrutture, nella sanità, nella pubblica istruzione. Un «polmone» per venirne fuori.

La modesta proposta de L’Economia è la seguente: un prestito eccezionale, non forzoso, bensì solidale, degli italiani. Il tanto citato, a volte a sproposito, piano Marshall di un miliardo e mezzo di dollari destinato all’Italia tra 1948 e il 1951, equivaleva — si legge nel libro La strada smarrita di Carlo Bastasin e Gianni Toniolo (Laterza) — al 2 per cento dell’allora prodotto interno lordo. Vorrebbe dire oggi 35 miliardi di euro. Meno dell’1 per cento del patrimonio finanziario, al netto delle proprietà immobiliari, delle famiglie italiane. O, se volete, l’equivalente del 2 per cento dei conti correnti bancari e dei depositi liquidi che non rendono nulla. Anzi, si svalutano. Un Prestito Italia di durata trentennale (anche più) — oppure in forma irredimibile e in esenzione fiscale se fosse possibile — potrebbe raccogliere agevolmente una somma largamente superiore e in grado di rappresentare una forza d’urto ragguardevole contro la crisi.

Investimenti, non spesa corrente

L’impegno a destinare il ricavato ai soli investimenti, non alla spesa corrente, dovrebbe essere sufficiente a considerare questo nuovo debito dello Stato (riservato ai soli residenti) come una «partita di giro» dell’emergenza e, dunque, a tranquillizzare i mercati. L’alternativa potrebbe essere una grande emissione di obbligazioni della Cassa Depositi e Prestiti che è fuori dal perimetro pubblico. Il Btp decennale oggi rende l’uno per cento. L’offerta di un rendimento simile o di poco superiore dovrebbe essere sufficiente ad attrarre una cospicua parte del capitale privato. Lo Stato offrirebbe un impiego della liquidità in concorrenza con qualche disinvolto operatore del risparmio gestito, per una finalità di alto interesse pubblico. Non trascurabile l’effetto psicologico positivo, alla ripresa normale, speriamo presto, di tutte le attività economica. Possiamo farcela, dobbiamo farcela.

CORRIERE.IT

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