Il coronavirus spaventa gli Usa. Trump rassicura il Paese dove la salute è un lusso

Le incognite sono molte: dall’efficacia della risposta federale, alla carenza di test per il virus Covid-19 rispetto alla domanda – come ha ammesso ieri lo stesso Pence. Ma a preoccupare è soprattutto l’impatto che l’epidemia può avere su un sistema sanitario dove curarsi, per moltissimi americani, è ancora un lusso. A questo il Times ha dedicato un articolo dal titolo tutt’altro che rassicurante: “Il sistema sanitario americano probabilmente peggiorerà l’epidemia di coronavirus”. Un fatto che ci interessa tutti, visti gli enormi sforzi che a livello nazionale stiamo compiendo per contenere la diffusione del virus e viste le intense relazioni – per ora frenate proprio da Washington – tra Italia e Usa.

Attualmente sono oltre 27 milioni gli americani che non hanno assicurazioni sanitarie di alcun tipo, e molti di più sono quelli sotto-assicurati. Anche chi ha un’assicurazione sanitaria “adeguata” – spiega il Time – in realtà non può stare tranquillo affatto: molti piani sanitari attuali, infatti, prevedono enormi franchigie (l’importo che si deve spendere ogni anno prima che l’assicurazione entri in vigore, ndr). La franchigia media per chi è assicurato tramite il proprio datore di lavoro è aumentata negli ultimi 10 anni del 162%, da 533 dollari nel 2009 a 1.396 nel 2019.

Il vicepresidente ha assicurato che il governo sarà in grado di fornire kit diagnostici “per coloro che riteniamo siano stati esposti e per coloro che mostrano sintomi”, ammettendo così che il Paese non è pronto il picco previsto della domanda. Grazie alle nuove misure, il governo dovrebbe coprire i costi dei test per i pazienti Medicaid e Medicare e per i test somministrati presso i laboratori di sanità pubblica federali, statali e locali, ma non è chiaro – scrive il Time – a quanti pazienti saranno addebitati i test presso strutture accademiche o private, né se tali strutture devono essere nelle reti assicurative dei pazienti.

Nelle ultime ore il Centers for Disease Control and Prevention ha annunciato una serie di misure per contenere la diffusione del virus: chiunque faccia richiesta di un test per il coronavirus può ottenerlo – nel caso presenti sintomi come febbre, tosse, difficoltà respiratorie – previo assenso di un medico. Ma la necessità di un tampone può essere giustificata anche da contatti con persone affette da coronavirus, come pure viaggi recenti in Cina, Iran, Giappone e Corea del Sud. Le critiche alle nuove norme non si sono fatte attendere. Si teme che non tutti i medici siano in grado di valutare la differenza tra semplici sintomi influenzali e il coronavirus, e che quindi cliniche e ospedali siano travolti da milioni di richieste che non potranno evadere.

Preoccupa in tal senso anche la denuncia del National Nurses United (Nnu), il più grande sindacato degli infermieri in America – 150 mila iscritti – secondo cui c’è una carenza di preparazione ed equipaggiamento in molti ospedali e cliniche del Paese per fronteggiare l’emergenza. Da un sondaggio cui hanno risposto oltre 6500 membri, sono emersi risultati “allarmanti”, ha detto la direttrice del Nnu, Bonnie Castillo: solo il 29% ha riferito che c’è un piano per isolare i potenziali pazienti contagiati nei loro posti di lavoro, il 23% ha ammesso di non sapere neppure se c’è un piano, oltre un terzo ha rivelato di non avere accesso alle maschere protettive e la metà non ha ricevuto alcuna informazione sul coronavirus dai datori di lavoro.

In un’intervista a Cnbc, il segretario di Stato Mike Pompeo ha provato a rassicurare: la risposta americana al coronavirus – ha detto – è stata “seria e robusta”, gli Stati Uniti “gestiranno bene l’epidemia”. Ma la preoccupazione di molti osservatori è che il sistema possa non reggere di fronte a un possibile aumento dei contagi. Per di più Trump ha con la scienza una relazione decisamente “complicata” – dal cambiamento climatico, che per lui resta “una bufala”, ai vaccini, con la volontà di istituire una commissione d’inchiesta sulla vecchia storia (smentita e rismentita) dei presunti legami con l’autismo.

Oggi, firmando il pacchetto da 8,3 miliardi approvato dal Congresso per contrastare l’epidemia, Trump ha provato ad applicare la sua formula magica anche agli stravolgimenti causati dal coronavirus. “Molte persone – ha detto – spenderanno soldi e viaggeranno all’interno degli Stati Uniti” invece che andare all’estero, “e a me questo piace”. Nei giorni scorsi il presidente ha invitato tutti gli americani “alla calma: tutto funzionerà bene, speriamo che non duri troppo a lungo”. A metà febbraio aveva lanciato la sua previsione: “Il virus sparirà ad aprile, il caldo generalmente uccide questo tipo di virus”. Peccato che in questo caso il nemico sia invisibile e per molti versi ancora sconosciuto, e abbia già ampiamente raggiunto il Nuovo Mondo.

L’HUFFPOST

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