Coronavirus, il decreto con lo stop a scuole, cinema e grandi eventi

Ma il messaggio lanciato da Francesco Boccia è anche un altro: «Da oggi 17 Regioni tornano alla normalità». Non solo, il ministro sottolinea «la generosità dei presidenti delle Regioni del Sud che si sono messi a disposizione dei presidenti delle Regioni del Nord».

Confermata la decisione di sospendere le lezioni in scuole, asili e università in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna fino all’8 marzo. Sospese anche le gite (con rimborso dei pacchetti viaggio). Tecnicamente non si parla di scuole chiuse ma di «attività sospesa». Le scuole saranno aperte per la sanificazione degli ambienti e per le attività di e-learning dei docenti. Da domani, riaprono le scuole in Friuli-Venezia Giulia, mentre in Piemonte riaprono da mercoledì, dopo due giorni di «igienizzazione». Riapertura anche in Liguria, tranne che nella provincia di Savona. Stop ai concorsi, tranne a quelli per personale sanitario.

Per tutto il giorno c’è stato un confronto teso tra il Comitato tecnico-scientifico e le istanze rappresentate soprattutto dal premier Conte, che ha provato a contemperare le esigenze politiche (ed economiche) con quelle sanitarie. Alla fine del confronto, resta confermato lo stop a cinema, teatri, discoteche e grandi eventi fino all’8 marzo. Mentre c’è una parziale riapertura per quanto riguarda i musei: sarà possibile infatti riaprire le porte ma con ingressi contingentati, «garantendo il mantenimento di una distanza di almeno un metro tra visitatori (il cosiddetto criterio droplet)». Stessa regola per le attività commerciali delle tre regioni. Negli ospedali sarà ammesso un solo visitatore per paziente al giorno.

Per i luoghi di culto il Comitato tecnico-scientifico aveva chiesto la chiusura totale durante le funzioni religiose. Con il problema, tra l’altro, della gestione di matrimoni e funerali. Anche il ping pong delle decisioni potrebbe risultare disorientante. Per questo si è trattato per tutto il giorno cercando soluzioni alternative. Tra le proposte avanzate c’è stata quella di tenere aperti i luoghi di culto durante le funzioni dei giorni feriali, chiudendo invece nei festivi, che sono normalmente sovraffollati. Alcune regioni, come la Lombardia, hanno chiesto di aprire per un quarto della capienza i luoghi di culto durante le cerimonie. La bozza finale di tarda sera prevedeva il no alla celebrazione di qualunque forma di cerimonia religiosa nelle tre Regioni interessate. Salvo contrordini improvvisi di questa mattina, la bozza finale non dovrebbe cambiare.

Si torna indietro sull’idea, annunciata dallo stesso premier, di dividere l’Italia in tre zone: la rossa (le aree epicentro), le gialle (zone circostanti) e le verdi (immuni). Si è deciso invece, con i due allegati al decreto, di individuare soltanto i singoli Comuni (10 in Lombardia e uno in Veneto), insieme alle tre Regioni «cluster», coinvolte dal fenomeno. Ma il prossimo passo, per ridimensionare anche l’allarme, sarà quello di «provincializzare» le zone rosse.

CORRIERE.IT

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