Coronavirus, all’ospedale di Codogno il test sul “paziente 1” solo dopo 36 ore

Eppure Mattia per 36 ore resta in ospedale infetto senza che nessuno lo sappia e quindi senza nessuna misura di contenimento. La conferma che è davvero contagiato dal virus arriva formalmente alle 21, sempre del 20. Ma per gli operatori di turno l’allerta rossa scatta che è quasi mezzanotte. È soltanto a quell’ora che all’interno dell’ospedale vengono informati tutti. E da quel momento in poi la situazione si fa complicata, per non dire caotica. Dalle chat di familiari che hanno a che fare con medici, infermieri e pazienti ricoverati, si riescono a ricostruire i passaggi di una notte nella quale, per ore, si decide tutto e il contrario di tutto. È un frenetico consultarsi fra medici, infermieri, direzione sanitaria, Regione, ministero della Salute. Il «paziente 1» viene spostato in Rianimazione e contagia i due anestesisti che si occupano di intubarlo, benché a questo punto siano protetti secondo il protocollo. La prima ipotesi è chiudere il Pronto soccorso e l’ospedale tenendo dentro chi c’è in quel momento. Poi viene presa in considerazione l’idea di trasferire i pazienti in altri ospedali. Medici e infermieri del turno di notte tornano a casa convinti di cominciare un autoisolamento. E invece no: vengono richiamati più tardi, quando ci sono anche gli altri colleghi del nuovo turno.

Nel corso della giornata si decide chi di loro resta e chi torna a casa. Solo a mattina inoltrata il Pronto soccorso si svuota e le porte dell’ospedale, formalmente chiuso già da mezzanotte, vengono davvero rese inaccessibili: non si esce e non si entra più. Ad oggi ci sono lavoratori che aspettano ancora l’esito del tampone. In uno dei messaggi scambiati via WhatsApp, un uomo dall’interno dell’ospedale (che non vuole essere identificato) racconta a un amico che «è sbagliato dire che quella notte è andato tutto bene perché non è la verità. Ma era un’emergenza mai vista e non vale accusare con il senno del poi. Diciamoci soltanto la verità, e cioè che forse la gestione di quella notte poteva andare meglio, ma diciamo anche che non era facile e che tutti hanno lavorato senza risparmiarsi. E cerchiamo di imparare dagli errori».

CORRIERE.IT

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