Colpito il cuore produttivo del Paese, preoccupato dai blocchi delle attività

Frenata da un’industria che segna il passo, come ha rilevato di recente l’Istat, registrando – e non accadeva da 5 anni – una riduzione di ordini e fatturato in media d’anno, un giro d’affari nel 2019 diminuito dello 0,3%, gli ordinativi calati dell′1,9% e dunque un saldo negativo, in questo caso il primo dal 2014.

“Il Governatore della Banca d’Italia prevedeva qualche decimale di punto in meno sulla crescita del Pil in relazione alla diffusione del virus – fa notare Zabeo – Le previsioni di fine anno per il 2020 si attestavano sullo 0,6, ma probabilmente per gli effetti del coronavirus si arriverà allo 0,2-0,3. Ma è difficile fare previsioni della portata delle ricadute anche perché la questione è mondiale. Il blocco di parte della produzione in Cina avrà effetti, per esempio, anche sull’economia tedesca e su quella italiana”. Alcune conseguenze dell’avanzata del virus si sono già registrate, ragiona il coordinatore dell’ufficio studi della CGIA Mestre, nel settore turistico, con la diminuzione drastica dei viaggi e nel settore del lusso – “in cui i cinesi sono molto presenti” – e certo “ne risentirà anche il comparto dei prodotti alimentari”, sottolinea. In Veneto, dove si è registrato il primo morto da contagio di Covid-19 e dove il Presidente della Regione Luca Zaia ha concordato con i rettori la chiusura di tutte le Università dalla prossima settimana, il timore è che la diffusione del virus si estenda in misura tale da richiedere l’isolamento di aree e territori, come è già accaduto nel Lodigiano. “Questo – conclude Zabeo – avrebbe un effetto dirompente in negativo perché si bloccherebbe l’economia locale. Speriamo non sia necessario arrivarci, anche se siamo consapevoli che di fronte alla delicatezza della situazione, quarantena e isolamento sono le uniche armi utili a contenere l’avanzata del virus”.

La preoccupazione, dunque, c’è, ma niente panico. È questo l’umore che si respira, sia pure con sfumature diverse a seconda dei settori, fra gli imprenditori veneti. Molti sono già al lavoro per ampliare le procedure di sicurezza interne da seguire da lunedì, alla riapertura delle aziende mentre, complice il Carnevale, le scuole resteranno chiuse.

Insomma, è ancora presto per valutare i veri effetti sull’economia dell’acutizzarsi dell’epidemia, per ora le preoccupazioni sembrano più legate a fattori esterni e alla reazione psicologica delle persone che all’andamento del ‘business’ in sé. “Stamattina ho sentito alcuni colleghi imprenditori e stanno tutti lavorando per i protocolli interni da seguire. Da un punto di vista strettamente economico, ad ora però la preoccupazione non è il contagio, ma la frenata brutale del mercato cinese”, ha spiegato Luciano Vescovi, presidente di Confindustria Vicenza.

Un mercato, quello di Pechino, che d’altra parte è l’undicesimo sbocco per le esportazioni delle merci delle industrie di Padova e Treviso e che, fra il 2008 e il 2018, ha scalato 5 posizioni in classifica (era sedicesimo). Il valore complessivo delle merci esportate è aumentato dai 296 milioni di euro nel 2008 ai 537 milioni nel 2018. Un balzo del 81,4% (Treviso +73,1%, da 201 a 348 milioni; Padova +99,1%, da 95 a 189 milioni), ma la quota relativa è ancora molto contenuta, pari al 2,3% dell’export totale. A preoccupare di più è invece il tema ‘forniture’. Per quanto riguarda l’import, nel 2018 Padova e Treviso hanno importato dalla Cina merci (materie prime, semilavorati) per un valore di un miliardo 832 milioni (+0,4%); il saldo commerciale è dunque negativo. “Abbiamo segnali dalla grande industria di un rallentamento delle produzioni perché hanno meno materia prima e meno semi lavorati dalla Cina”, ha sottolineato Agostino Bonomo, presidente di Confartigianato Veneto.

Stesso sentiment anche in Lombardia, dove nel tardo pomeriggio si è registrato un altro caso di coronavirus, il primo a Milano. Da lunedì il Tribunale di Milano resterà chiuso al pubblico, mentre le aziende della città e dell’hinterland si stanno attrezzando per fronteggiare l’epidemia che ha colpito la Bassa lodigiana in accordo con le disposizioni del Ministero della salute e della Regione Lombardia. Da stamane gli uffici del personale di grandi gruppi come Eni, Snam e Saipem hanno cominciato a contattare uno a uno i dipendenti che risiedono nei comuni in provincia di Lodi indicati tra quelli a rischio, dando loro l’indicazione di rimanere a casa ed evitare il più possibile i contatti sociali. Il presidente della Regione Lombardia ha annunciato di aver “ricevuto rassicurazioni” da parte del Governo su possibili interventi a sostegno delle imprese colpite dagli effetti del coronavirus. In Confindustria si osserva la situazione, sperando che non peggiori. Ma i segnali che registra la cronaca non sono incoraggianti. “Il quadro è preoccupante – dice una fonte ad HuffPost – per questo non bisogna enfatizzare la paura, insistere sulla preoccupazione, perché fare questo amplifica in negativo i sentimenti sociali, con ripercussioni inevitabili anche sul piano economico”.

L’HUFFPOST

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