Rappresentazione di una crisi

Alla fine della baldoria, dice tutto lo strumento scelto, un “disegno di legge”, che non è propriamente una via celere. E dicono tutto le parole di Conte, tornate pacate dopo i ruggiti di giornata. Il premier, dopo l’ennesimo consiglio dei ministri notturno, si dice solo “dispiaciuto” per le assenze dei ministri di Renzi e “disponibile” al confronto con i parlamentari di Italia Viva, purché mettano da parte lo schema del “prendere o lasciare”.

Insomma il lodo Conte sulla prescrizione, la famosa madre di tutte le battaglie, sarà contenuto nel più ampio disegno di legge sulla riforma del processo penale, una classica via parlamentare che consente una discussione lunga e articolata, e quindi di diluire il conflitto. E il governo “valuterà” se, invece, inserirlo in uno dei provvedimenti che, a breve, andranno in discussione. Il che tradotto vuol dire: la via maestra è una soluzione onorevole per tutti, se però Renzi continua nel suo atteggiamento da pokerista, il governo è pronto a dire “vedo”, nella convinzione che i numeri ci sono, perché dal Senato arriverebbero segnali che c’è una pattuglia di responsabili pronti ad allungare la vita al governo (e alla legislatura).

È comunque una mossa. Non dirompente, ma una mossa. Bene, e adesso si attende, in questa storia infinita e incomprensibile ai più, la prossima mossa di Renzi, che si aspettava uno stop alla discussione, dopo lo strappo compiuto con la scelta di disertare il consiglio dei ministri: “Ci dica quello che vuole fare”. Solo poche ore prima, sgualcito nella pochette e nell’orgoglio, l’avvocato di palazzo Chigi aveva definito ingiustificabile questo strappo, bollando come “opposizione aggressiva e maleducata” il Matteo di Italia Viva, con una insofferenza e una determinazione che a molti ha ricordato quella sfoggiata, il famoso 20 agosto.

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