Prescrizione, Conte chiama Mattarella. In caso di crisi niente urne prima dell’autunno

Nella cappella Paolina del Quirinale, a margine del concerto per la Cina, il tema della possibile crisi turba le note di Scarlatti, Chopin e Beethoven. Ci sono anche Di Maio e Franceschini e i politici si interrogano. Se Conte cade, Mattarella scioglierà le Camere? Delrio e Orlando avvertono che «dopo Conte ci sono solo le urne», ma a fine marzo c’è il referendum sul taglio dei parlamentari e votare prima dell’autunno non sembra possibile. E così, nell’incertezza sulle prossime mosse, Conte ostenta una certezza: «Non mi farò logorare, non l’ho permesso a Salvini e non lo permetterò a Renzi». Il premier è esasperato e non esclude di chiedere un voto di fiducia in Parlamento. Lo sentono dire che non ne può più dei «giochini» di un alleato che attenta alla stabilità con «aut aut, ricatti e accuse ingiuste, senza mai assumersi la responsabilità di quello che dice». E se per il renzianissimo Ettore Rosato si è aperta «una crisetta», per il premier «non è più possibile andare avanti così».

Sei mesi dopo il duello sanguinoso con il segretario della Lega, a Palazzo Chigi si respira un’aria gravida di incognite e sospetti, come in quei torridi giorni di agosto. Adesso nel ruolo dello sfidante c’è l’altro Matteo, leader di un partito che pesa un decimo del Carroccio. Ma Conte si è convinto che l’obiettivo sia lo stesso, oggi come allora: costringerlo alla resa, tirare giù il governo e cambiare schema di gioco. E così ieri, quando Renzi ha buttato la palla nel suo campo, il capo dell’esecutivo ha deciso: «Noi non cambiamo schema, porteremo la prescrizione sul tavolo del cdm». Il premier non vuole cedere al ricatto di Iv e, messo con le spalle al muro, rifiuta di farsi portare dentro a una contrapposizione sul piano personale. Giocando di sponda con il Pd, prova a salvare il governo e Franceschini fa il pontiere. Il capo delegazione del Nazareno sente più volte Renzi e media e riunisce i ministri pd.

Conte non vuole cedere, ma nemmeno immolarsi sull’altare del renzismo. E dunque la soluzione che si fa strada è mettere il «lodo Conte bis», aborrito da Italia viva, dentro il disegno di legge sul processo penale: una scelta che allungherebbe i tempi diluendo lo scontro. «Ma si potrebbe anche agganciarlo come emendamento alla legge del forzista Enrico Costa», spiega un ministro. In questo caso la data da segnare in rosso è il 28 febbraio, quando il provvedimento approderà al Senato. A Palazzo Madama senza i renziani il governo non ha i numeri, tanto che la maggioranza cerca un drappello di «responsabili» disposti a puntellarla. «Senza un chiarimento vero non si riparte», ripetono i dem, certi che per Renzi la prescrizione sia un pretesto. «Cosa abbia in mente Matteo non lo sa nemmeno lui — azzarda un ministro del Pd —. Assicura che il governo non cade, ma in un clima incattivito tutto può succedere».

CORRIERE.IT

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