Stati Uniti Primarie dem Usa, testa a testa tra Buttigieg e Sanders. Ma la notizia è il flop di Biden

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Il disastro delle primarie democratiche in Iowa tra accuse di brogli e polemiche

Il Partito dmeocratico ritarda nel comunicare i rsultati dei primi caucus. E iniziano subito le liti tra candidati e i sospetti di broglio. Bernie Sanders si dichiara in vantaggio, ma il partito appare già lacerato

La principale domanda quindi, dopo la falsa partenza di Biden, è se i vertici storici e moderati del partito continueranno ad appoggiare Biden o se sposteranno il loro peso (economico, politico, mediatico, relazionale…) proprio su Buttigieg, pur di fermare il “radicale” Sanders.

È naturalmente presto per dirlo, ma quello arrivato dall’Iowa in qusto senso è un segnale forte. Il 22 febbraio sarà il turno del New Hampshire (dove Sanders fino a ieri era dato in testa, ma ora l’Iowa lancia la corsa di Buttigieg) a cui poi seguiranno stati dove la base democratica non ama tanto il candidato socialista, cioè Nevada e Carolina del Sud.

Saranno, questi, gli ultimi appuntamenti prima del supermartedì (3 marzo), quando a votare saranno 15 stati, compresa la California che elegge il maggior numero di delegati.

Con il supermartedì entrerà in campo anche il miliardario tycoon dei media Michael Bloomberg, forte di molti milioni di dollari da spendere in spot, suoi e dei suoi amici di Wall Street (proprio ieri ha raddoppiato il suo budget per la campagna) ma attualmente sotto le due cifre nei sondaggi. È possibile che Bloomberg approfitti del passo falso di Biden per proporsi come vero alfiere dei moderati – puntando sull’inesperienza di Buttigieg – anche se ai vertici del partito c’è addirittura chi pensa a rispolverare l’ex segretario di stato John Kerry, che tentò la scalata alla casa Bianca già 16 anni fa per finire sconfitto da George W. Bush.

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Biden, Buttigieg, Sanders e Warren: i quattro che proveranno a sfilare la poltrona a Trump

Il centrista contro la progressista. Il socialista contro il giovane. A pochi giorni dal primo voto, la rosa degli sfidanti si restringe. Ma la corsa è apertissima

In ogni caso – sia se Biden resta il candidato dei centristi, sia nel caso questi cambiassero cavallo – quelle che sono iniziate nel caos dell’Iowa rischiano ora di diventare primarie molto tese e altrettanto combattute, perché la corsa di Sanders viene vissuta dai moderati come un’Opa ostile, un’operazione di “entrismo” da parte di un politico che fino a pochi fa neppure era iscritto al partito (anzi, lo criticava aspramente) e che ne vorrebbe modificare il dna portandolo dalla sue posizioni classiche a una visione socialista e addirittura anticapitalista.

Per paradosso, lo scenario è abbastanza speculare a quello che si è visto quattro anni fa nel campo opposto, quando era Donald Trump a essere considerato portatore di un’Opa ostile nei confronti dell’establishment repubblicano, i cui candidati (i vari Jeb Bush, Ted Cruz etc) si arresero uno dopo l’altro all’outsider populista.

Questa percezione di Sanders come alieno, come “barbaro”, tra i democratici potrebbe portare a diversi esiti durante e dopo le primarie: da un alto, una massiccia campagna di delegittimazione (già in parte iniziata prima dell’Iowa), d’altro lato un arrocco di tutti gli altri candidati proprio contro Bernie, con esiti imprevedibili alla Convention che inizierà il 13 luglio a Milwaukee. Quattro anni fa il senatore del Vermont accettò di non andare neppure alla conta (Hillary alla fine fu nominata per acclamazione), questa volta non solo si rischia di combattere all’ultimo delegato, ma non è del tutto da escludere che alla fine esca un candidato o un ticket di partito basato su alleanze di corridoio e finalizzato proprio a fermare Sanders.

Sarebbe un incubo, per un partito già oggi diviso come mai era stato e appena uscito da una pessima figura organizzativa. E – nel caso si avverasse – sarebbe un altro gigantesco regalo a Donald Trump, dopo l’autogol del mancato impeachment.

L’ESPRESSO

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