Ecco perché Londra ha staccato la spina all’Europa

Perché quello che ha fatto la Gran Bretagna è in realtà parte di un’evoluzione molto più grande che include tutti gli angoli del mondo: Europa compresa. Londra non va via da un’Europa che conta, ma da un’Unione europea sempre più debole e instabile e su cui si sono posti gli occhi inflessibili delle superpotenze che per decenni hanno voluto mantenere lo status quo. Oggi l’Ue non serve e gli Stati Uniti, che per molto tempo hanno tollerato (o benedetto) l’Unione come espressione europea della Nato, oggi non hanno più interesse a questo blocco di Stati guidato da Bruxelles ma in realtà da Berlino e Parigi e che compete con Washington. E Donald Trump, punta di diamante di questa strategia americana, è arrivato non a caso mentre il Regno decideva per la Brexit. I due fenomeni non sono così distanti come sembrano. E le due sponde dell’Atlantico hanno deciso una via sovranista ante litteram quasi insieme, come a voler confermare che l’Atlantico avrebbe staccato la spina all’Europa.

Così è stato. E proprio a porre il sigillo su questa dinamica atlantica, Boris Johnson ha visto da subito in Trump il suo interlocutore privilegiato, sin dai tempi della sua carica di ministro degli Esteri. Sia chiaro: non senza divergenze. L’ultima mossa di Londra di aprire a Huawei nel 5G britannico è un messaggio chiarissimo nei confronti dell’alleato statunitense. Ma è chiaro che la special relationship atlantica ne uscirà comunque rafforzata, come confermato anche dalle parole di Mike Pompeo pochi minuti dopo lo scoccare della mezzanotte del primo febbraio.

Ma la decisione sul 5G da parte del governo conservatore indica anche dell’altro. L’apertura verso Huawei non è soltanto un’operazione di “rivolta” contro le decisione imposte dal Pentagono e dalla Cia ma anche il segnale di come a Londra vogliano il dialogo con Pechino. La Cina ha subito fatto intendere di essere particolarmente interessata al Regno post-Brexit. Ed è chiaro che adesso Johnson guarda al gigante asiatico come un Paese in grado di investire molto più liberamente sul territorio inglese pur con le cautele imposte dalla relazione con Washington. In questo senso, il pericolo che la City diventi una sorta di paradiso fiscale o che si costruisca un asse finanziario tra Shanghai, Hong Kong e la capitale britannica preoccupa (e molto) Francoforte. E gli investitori cinesi sanno di poter fare affari in un Paese che ha nel commercio e nella globalizzazione il suo punto di forza.

Global Britain ripetono a Londra. Ed è questo l’obiettivo del governo che sa di avere dalla sua gli Stati Uniti, e di poter contare sulla Cina. Non potrà certo contare sulla Russia, di cui Londra continua a essere un rivale strategico. Ma in questo momento al Regno Unito interessa prendere la sua posizione di forza nell’Anglosfera, ricucendo con il Commonwealth, ribadendo ile sue linee sul controllo dei mari, riprendendo i dossier sulle ex colonie ma senza sganciarsi definitivamente dall’Europa, in particolare nel campo della Difesa e del commercio, con cui il Regno Unito ha troppo interscambio per sfuggire. Una strategia complessa ma che parte da un dato: niente ha avuto inizio soltanto con la Brexit, ma sarà proprio l’uscita dall’Ue a segnare il cambio di passo. Non è detto che Londra torni, ma di sicuro l’obiettivo è uno: mollare l’ancora dell’Europa per navigare (certamente a vista) verso gli Oceani. Global Britain, appunto.

INSIDEOVER

IL GIORNALE

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