Fiducia e solidarietà per combattere la paura

Però gli esseri umani conoscono così bene la paura che si misero in società proprio per imparare a vincerla. Stipulammo il contratto sociale esattamente per evitare che «la vita di un uomo fosse solitaria, povera, carica di odio, brutale e breve», come scriveva Thomas Hobbes. Perciò è in momenti come questi che ci rivolgiamo allo Stato per protezione e difesa: quello stesso Leviatano che ogni giorno malediciamo per le tasse e la burocrazia, di fronte al pericolo diventa l’unica nostra difesa, la sola barriera di cui disponiamo.

Ciò che quindi dobbiamo fare, subito aver provato paura, è ricordarci che viviamo nella parte del mondo meglio attrezzata per fronteggiare una calamità. Che siamo fortunati. Perché è proprio qui da noi, in Europa, che abbiamo inventato tutti gli strumenti che meglio ci possono proteggere. Il primo è la democrazia. Si è purtroppo diffuso da noi il vezzo di simpatizzare con i modelli autoritari, che talvolta ci sembrano più efficienti e di successo delle nostre vecchie e claudicanti democrazie. Però i sistemi a comando centralizzato sono anche molto più lenti e molto meno trasparenti di fronte all’esplodere di una emergenza sanitaria (basti ricordare il caso di Chernobyl, che davvero segnò la fine del regime sovietico). Questa è la seconda volta in pochi anni che una influenza letale si incuba e si diffonde in Cina.

Vuol dire che il tumultuoso sviluppo economico ha il suo lato oscuro quando non è regolato, sostenibile e sotto il controllo democratico. Può essere un colpo duro per lo stesso gigante asiatico, oltre che per l’economia mondiale, se resterà isolato troppo a lungo dai traffici e dalle catene della produzione globalizzata. Il secondo strumento di cui disponiamo è l’informazione. I tanto vituperati media, quando non dipendono dal governo ma sono indipendenti, si rilevano decisivi in circostanze come questa, non solo per raccontare ai cittadini che cosa accade davvero e come prevenire il contagio, ma anche perché tengono un faro acceso sul comportamento dei poteri pubblici, e li obbligano a dire tutto, a dirlo subito, e ad agire presto.

La terza arma di cui disponiamo è la ricerca scientifica, ovverosia le conoscenze di chi studia e le competenze di chi ne applica le scoperte. Gli esperti, coloro che sanno, sono stati di recente vittime di un insensato ostracismo populista, fondato sulla presunzione che uno vale uno anche quando si tratta di decidere della validità di un vaccino o di una cura. Tornano invece oggi ad apparirci preziosi per comprendere gli eventi e prendere le contromisure.

Infine abbiamo il welfare state, la più grande invenzione europea. Un sistema di protezione sociale e soprattutto sanitaria che garantisce anche alla più povera delle contrade italiane di godere di condizioni di igiene, di efficienza terapeutica, di gratuità dell’assistenza, superiori a quelle di gran parte del mondo. Per combattere la nostra paura, sperando che alla fine questo virus terribile e misterioso si riveli meno letale di quanto ci appaia ora, come è già successo con altre epidemie, dobbiamo aver dunque fiducia e mostrare solidarietà, aiutandoci l’un l’altro a non peggiorare le cose, abbandonandoci al panico o cercando untori che non esistono. Il ministro della Salute ha detto che questa emergenza verrà trattata come un’epidemia di colera. Da chi ci governa, e da chi è all’opposizione, ci aspettiamo misura e senso di responsabilità: smettetela di litigare per un po’ e datevi tutti da fare.

CORRIERE.IT

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