Di Maio dimesso: chi è Vito Crimi, il reggente che studia da capo

Bresciano ma cresciuto in parrocchia al Brancaccio di Palermo, boy scout con una passione per Ken Follett, laurea mancata in matematica e lavoro come impiegato, assistente giudiziario alla Corte di Appello di Brescia. Queste le sue credenziali quando nel 2013 diventa senatore. E proprio il 27 marzo del 2013 diventa protagonista, insieme a Roberta Lombardi, di uno degli episodi più clamorosi del recente passato: le trattative in diretta streaming che umiliarono i tentativi di dialogo della delegazione del Pd guidata da Pier Luigi Bersani.

Crimi lascia la moglie per fidanzarsi con la deputata M5S Paola Carinelli. Per lei dimagrisce, si fa crescere la barba, mette le lenti. A un Giorno da Pecora, pericoloso ed esilarante confessionale radiofonico nei quale i politici dicono quello che non dovrebbero, Crimi confessa di aver votato nel tempo Rifondazione, Alleanza Nazionale, Verdi e Ulivo (ma mai Pd). Come a dire che sull’identità politica ha sempre avuto le idee un po’ confuse, oppure aveva già interiorizzato il futuro dinamismo dei 5 Stelle, pronti a passare da Matteo Salvini a Nicola Zingaretti. Nello stesso programma, la Lombardi lo chiama ripetutamente, in segno d’affetto, “Vito orsacchiotto Crimi”. La delega all’Editoria gli porta qualche guaio, soprattutto sulla questione di Radio Radicale, contro la quale si accanisce, non seguito fino in fondo dal resto dei 5 Stelle. La battaglia gli vale un memorabile epiteto del compianto Massimo Bordin: “Gerarca minore”. Ora si appresta a diventare un capo vero, sia pure pro tempore. Del resto è stato uno scout e, come si sa, scout si rimane per sempre. Non è un caso che tra le sue frasi preferite ci sia il motto di Lord Baden Powell “estote parati”. E lui, a questo punto, pare decisamente pronto.

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