Il blue monday del governo

La verità è che le opposte debolezze di Pd e M5s hanno tutta l’intenzione di continuare ad appoggiarsi l’una sull’altra e non cadere. Ma lo scenario non è di quelli rassicuranti. Il sostanziale sì al processo a Matteo Salvini sulla Gregoretti, prodotto da un giochino a somma zero per tutte i partiti in campo, con la maggioranza che diserta la Giunta per non dare un’arma di propaganda al segretario della Lega e con gli esponenti del Carroccio ad autoinfliggere al proprio leader la sbarra per mera tattica elettorale, preoccupa al di là degli stentorei comunicati. Perché anche la minima fluttuazione può incidere sull’esito finale, “e Salvini è bravissimo a fare la vittima”, dice un senatore pentastellato.

Se la vicenda dell’ex ministro dell’Interno impatta direttamente sul voto, non è comunque l’unico fattore di preoccupazione. Il mondo 5 stelle arriva a metà tra l’esplosione e l’implosione a una data delicatissima come quella di lunedì mattina. Sentite Nicola Morra, uno che dentro quell’universo qualcosa conta: “Nei palazzi del potere ci siamo persi. Troppe stanze, troppe poltrone, troppi pulsanti e leve da usare senza istruzioni, troppo zucchero su alcuni bottoni”. Il Movimento è in continuo fermento, tra la voglia del leader di rimanere agganciato al comando e le spinte centripete che lo vorrebbero per lo meno condiviso. Ecco Stefano Patuanelli: “Secondo me c’è bisogno di una leadership più diffusa”.

Si rincorrono le voci di nuovi parlamentari in uscita, alcuni dei quali in direzione di Lorenzo Fioramonti, altri verso il centrodestra. Contemporaneamente è in arrivo una stangata sui morosi dei rimborsi. La scure dovrebbe colpire con durezza Mario Giarrusso e Alfonso Ciampolillo. Assottigliando ulteriormente i numeri della maggioranza a Palazzo Madama. “Ma siamo destinati a durare – spiega un uomo di Di Maio – Sono lontani i tempi in cui uno della Lega si svegliava e decideva, che ne so, che si dovevano fare gli inceneritori. Sappiamo che da loro non arriveranno colpi di testa, anche perché finora i provvedimenti che volevamo portare avanti sono andati in porto”. Lo sbriciolamento, tuttavia, non fa dormire sonni tranquilli. Di Maio sta costruendo gli Stati generali di marzo come momento di rilancio identitario, attorno al quale ricompattare le truppe. Nella giornata in cui si eleggono i Facilitatori regionali, Sergio Battelli, presidente della commissione Affari europei della Camera e considerato a lungo un dimaiano di ferro, se ne esce così: “Oggi è la giornata dei candidati e dei voti su Rousseau. Io continuo ad aspettare quella delle nuove idee e visioni future, altrimenti i candidati che raccontano?”. Sull’ipotesi di una discesa in campo di Alessandro Di Battista con una sua “mozione”, il quartier generale ostenta tranquillità, ma si liquida anche la questione con un lapidario “non ci risulta”.

La tranquillità è incrinata da un altro fattore di turbolenza: Matteo Renzi. Sentite un 5 stelle di governo: “L’Emilia Romagna? Nessun problema. A parte Renzi”. Italia viva ha già votato a Montecitorio a favore della legge Costa, che avrebbe tirato un colpo di spugna sul fine prescrizione mai, bandiera pentastellata da Alfonso Bonafede in giù. E oggi l’ex premier ha rincarato la dose: “Noi stiamo chiedendo di tornare alla legge del governo Renzi con Andrea Orlando – ha detto intervistato dalla trasmissione Povera patria – Sono altri che stanno andando a rimorchio dei Cinque Stelle e mi dispiace molto perché il Pd una volta era un partito riformista e garantista”. “Domani riunione risolutiva”, ha risposto Conte, che vuole chiudere la partita prima che possa cambiare il campo di gioco. Un campanello d’allarme è risuonato oggi dalle parti del Nazareno e nel quartiere generale del Movimento. Perché Forza Italia ha presentato un emendamento per rinviare la riforma Bonafede di un anno e mezzo. E contestualmente ne ha presentati altri due per la soppressione delle già ridimensionate plastic tax e sugar tax. Visto quel che è successo non più di una settimana fa, il timore dell’incidente è dietro l’angolo. E pur nella convinzione che Renzi non voglia staccare la spina, le reali intenzioni dell’ex rottamatore sono imperscrutabili. Anche perché gli stessi emendamenti “ostili” su prescrizione, sugar tax e plastic tax sono stati presentati contestualmente anche da Italia viva. E non solo: nel pomeriggio la squadra renziana ha presentato al decreto milleproroghe anche una proposta di modifica per cancellare l’articolo 35 dal testo, che tra le altre cose elimina le penali in caso di revoca della concessione. Non certo un cioccolatino per Conte e il suo esecutivo.

Così gialli e rossi stanno pigramente iniziando le grandi manovre per la verifica di governo rimandata a dopo le urne, senza ben sapere se si farà. Entro mercoledì i capigruppo 5 stelle faranno una sintesi delle proposte arrivate dalle Commissioni. Al primo punto, per Di Maio, la revoca delle concessioni ad Autostrade. “Sarà una decisione ponderata”, ha spiegato Conte. Decisione su cui Italia viva si presenta più battagliera che mai, come visto.  È il blue monday del Conte bis. Fra una settimana si saprà se la tinta avrà virato sul nero.

L’HUFFPOST

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