Antonio Di Pietro: «Craxi era solo uno dei tanti. Io puntavo ad Andreotti, mi hanno fermato»

di Susanna Turco

Craxi? Ma Craxi era solo uno dei tanti». D’improvviso, allo scoccare della seconda ora e mezza di conversazione, con quel suo modo un po’ buffo e stratificato di parlare – sopra approssimativo, sotto preciso, fulmineo – Antonio di Pietro, 69 anni, ex pm, ex politico, oggi avvocato sostanzialmente lontano dalle scene, butta già l’ultimo feticcio che era rimasto in piedi di una pagina che ripercorre in un modo mai visto. Ci si doveva vedere a pranzo, a casa sua, a Montenero di Bisaccia, per parlare appunto di Bettino Craxi, a vent’anni dalla morte. Arrivati al caffè, quel nome ancora non l’ha pronunciato. Si muove da tutta un’altra parte. Racconta una storia diversa, un binario parallelo e inedito, che in parte ha depositato nella sua ultima testimonianza, al processo d’appello sulla trattativa Stato-mafia a Palermo, a ottobre. «Mani pulite è una storia che andrebbe riscritta», dice adesso il volto più noto dell’inchiesta del Pool di Milano che ha buttato giù la Prima repubblica. Lui che è una pagina di storia. E che, quindici anni dopo, si è ritrovato di nuovo al centro dei giochi, nel cuore di uno degli prodotti di Mani pulite, l’onda antipolitica che ha portato – anche all’ombra di Casaleggio – alla nascita e alla crescita dei movimenti tra rete e realtà: non solo il Movimento 5 stelle, ma anche l’Italia dei valori, di cui proprio Casaleggio curò la comunicazione. Ecco lui, uomo di tanti snodi chiamato a parlare di Craxi, quando apre la porta di casa per prima cosa parla del codice penale. Ti accoglie così: «Scusi, ma il 323, io l’ho mai contestato? Non mi ricordo di averlo fatto».

Prego? Il 323?
«L’abuso d’ufficio adesso va molto di moda. Io l’ho sempre considerato una sconfitta dello Stato. Perché vuol dire che non hai la forza di scavare un po’ meglio. Lo dico perché, a differenza di Piercamillo Davigo, che è sempre stato monolitico sul tema – per lui sei colpevole fino a prova contraria – io ormai… Prendete il Codice: al primo capitolo ci sono i soggetti processuali. Ecco, io ho fatto il poliziotto, il giudice, il pm, il testimone, la parte lesa, la parte civile, l’indagato, l’imputato: mi manca soltanto il “responsabile civile per le ammende” e le ho fatte tutte. Ho messo talmente tanti abiti, ho visto così tante giustizie, che le certezze granitiche di Davigo non ce le ho più, perché dipende dai vestiti che indossi, prima cosa. Secondo: sono sempre convinto che noi del pool di Milano abbiamo creato un effetto positivo, ma anche una conseguenza non voluta: pur nell’entusiasmo generale abbiamo creato tanti dipietrini. Già all’epoca: è stato quello che ha bloccato Mani pulite».

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