Renzi: «Se nel Pd fanno come Corbyn allora ci aprono un’autostrada»

Come giudica il lavoro di Luigi Di Maio?

«Non lo giudico, non tocca a me. Mi basta che sia chiaro che la politica estera non è mai stata così importante come in questa fase. Nel 2020 le elezioni americane, l’accordo Usa-Cina di cui abbiamo parlato anche qui a Pechino, la nuova Ue, la Brexit, il G20 Saudita. La Farnesina ha straordinari professionisti: mi auguro che il ministro sappia valorizzarli e ascoltarli. Che non faccia più l’errore di non andare al G20 per seguire un’iniziativa dei Cinque Stelle. E mi auguro che il Paese torni parlare di politica estera senza demagogie. La geopolitica è una cosa seria, non basta un post su Facebook: bisogna studiare, conoscere, viaggiare».

Il governo appare debole ma sembra destinato a continuare fino alla fine della legislatura.

«Passate le regionali in Emilia il governo deve sbloccare i cantieri con Italia Shock e rilanciare la crescita. Ci sono 120 miliardi di euro bloccati dalla burocrazia, è inspiegabile aspettare ancora: a febbraio presenteremo la nostra proposta. Abbiamo fatto un governo per salvare l’Italia dal sovranismo di Salvini, ma non basta essere contro. È dunque fondamentale che l’esecutivo cambi passo sulla crescita. Con sussidi come il reddito di cittadinanza o misure come Quota 100 l’Italia si è fermata, la crescita si è azzerata. Bisogna ripartire subito».

Ma questa situazione non produce una paralisi ?

«La paralisi l’avrebbe prodotta il passaggio elettorale, l’aumento dell’Iva, un governo sovranista per cinque anni, un presidente della Repubblica contro l’euro. Mandando a casa Salvini abbiamo evitato la paralisi. Ma adesso va evitato l’immobilismo. Conte si è preso qualche giorno per la verifica: aspettiamo le elezioni in Emilia e poi tireremo le somme».

Perche aspettare l’Emilia?

«Bonaccini è più competente della Borgonzoni. Lo riconoscono anche gli elettori leghisti. Se la partita rimane sul piano amministrativo Stefano stravince. Ma se il voto diventa politico la destra ha le sue chances. Ecco perché occorre saggezza da parte del governo: ogni decisione politicamente sensibile rischia di far danno in Emilia. Anche per questo mi ero battuto contro la plastic tax, ad esempio. Spero che gli emiliani votino per il presidente di Regione e non per altro: in quel caso Bonaccini vince sicuro».

Si parla di rimpasto e di un cambio a palazzo Chigi: Dario Franceschini al posto di Conte…

«Rimango affezionato alla nostra riforma costituzionale: se fosse passato il referendum avremmo avuto stabilità. Invece ci siamo condannati a governi annuali, rimpasti, cambi di alleanze. Ma è un tema che non mi riguarda più. Più che di rimpasti parlerei di nuove idee: quelle faranno la differenza, non le poltrone».

Il Pd sembra disposto ad accettare la mediazione di Conte sulla prescrizione.

«Se Conte farà una mediazione lo ascolteremo. Quella che ha presentato Bonafede non è una mediazione ma un pasticcio. Se le cose stanno così noi voteremo la norma Costa: un processo senza fine è la fine della giustizia».

Nicola Zingaretti ha annunciato che darà vita a un partito nuovo: vi metterà in difficoltà?

«Sono l’ultimo a poter parlare del dibattito del Pd. Ma ho rispetto per Zingaretti e i suoi: se pensano che la soluzione sia davvero aprire alle sardine, alla società civile recuperando un rapporto con la Cgil o assorbendo Leu, noi di Italia viva non saremo in difficoltà. Anzi, ci si apre un’autostrada. Spostandosi sulla piattaforma di Corbyn o di Sanders si perde. Noi siamo un’altra cosa: radicalmente riformisti. In bocca al lupo a ciò che verrà dopo il Pd. Italia viva sarà una casa accogliente per tutti i riformisti».

Siete nati anche per aggregare i moderati del centrodestra, ma Mara Carfagna non vi segue.

«Siamo nati da tre mesi. Faremo la prima assemblea nazionale a febbraio. La nostra è una maratona, non sono i 100 metri: Italia viva sorprenderà anche i pessimisti. Anche perché nel merito la cronaca politica ci sta dando ragione su tutto. A cominciare dal Jobs Act».

Cosa pensa del dibattito dentro i Cinque Stelle?

«Il Movimento che abbiamo conosciuto non esiste più. È evaporato. Non è un auspicio: è un fatto. I loro leader devono decidere quando e come prenderne atto. Troveranno un modo per sostenere il governo e proseguire la legislatura, ma i Cinque Stelle della piattaforma Rousseau già non esistono più. In Parlamento è un’emorragia quotidiana. Non mi interessa il finale della loro storia: il populista vince le elezioni ma perde la sfida del governo. Perché se costruisci la carriera partendo dai Vaffa contro il potere, quando diventi il potere il gioco ti si ritorce contro. Lascio i grillini ai loro dibattiti, noi parliamo di crescita e politica estera».

I decreti sicurezza non sono stati ancora modificati.

«Credo sia segno di decenza istituzionale iniziare a modificare i decreti sui punti evidenziati dal Quirinale. Attendiamo le proposte del governo».

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