Segnali di ricomposizione a sinistra

 Ecco, adesso il “nuovo Pd” di Nicola Zingaretti ha prodotto un naturale cambio di paradigma, essendo il segretario del Pd un uomo della sinistra: sull’Ilva si discute di un maggiore ruolo dello Stato; sulle Autostrade, per la prima volta, la De Micheli ha aperto alla revoca della concessione ai Benetton, il clima con i sindacati è cambiato ed è cambiato l’approccio alla legge elettorale di un partito che, fino a qualche tempo fa, era arroccato su un’ipotesi ultra-maggioritaria e ora parla di proporzionale. Insomma, per dirla con una espressione abusata, ciò che unisce è oggettivamente più di ciò che divide.

Dove porta questa storia? Se fosse solo ricomposizione di ceto politico, dicevamo, sarebbe ben poca cosa, un po’ come rimettere assieme i cocci con la colla. Se il confronto invece fa parte di una più articolata operazione che consente di cogliere lo zeitgeist, allora è altro discorso. Non è un mistero: Speranza parla con Orlando, Franceschini, tra i più favorevoli alla ricomposizione, con Bersani, Bettini immagina un grande e largo rimescolìo su basi nuove. Zingaretti, diciamo così, al momento ha altri pensieri per la testa. Tutto dipende da quando si farà il congresso del Pd, dai suoi modi, dalle sue forme, da quanto sarà costituente, da quanti mondi nuovi attrarrà. Nel grande rimescolo su basi nuove ci sta che si riunisce anche l’antica famiglia.

L’HUFFPOST

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