Salvata da Merkel e Draghi, ora l’Ue può solo investire e innovare

La seconda innovazione va a merito di Mario Draghi e inizia nel luglio 2012, quando il presidente della Bce, in carica dal novembre del 2011, dichiarò che la Bce stessa avrebbe fatto tutto quanto necessario per salvare l’euro. Di lì in poi le politiche della Bce portarono al riallineamento verso il basso dei tassi di interesse sui titoli degli Stati dell’area euro e al ritorno verso la normalità dei mercati finanziari. Come ho spesso argomentato su queste colonne, Draghi ha segnato un passaggio fondamentale della storia della Eurozona portando la Bce e l’Euro da entità inadatte a governare la politica monetaria della grande economia europea a dimensioni comparabili al dollaro e alla Fed degli Usa.

Angela Merkel e Mario Draghi sono stati i due grandi statisti innovatori dei 10 anni passati perché hanno salvato l’Unione monetaria e l’Ue. È bene non dimenticarlo chiedendosi anche se chi segue sarà all’altezza.

Investire e innovare

Il quesito va centrato sul tema degli investimenti che in Europa sono scesi di circa 4000 miliardi in 10 anni, ovvero 400 miliardi all’anno. La quota degli investimenti sul Pil dal 23-24% è scesa al 19% per poi risalire faticosamente al 21%. Se non si affronta questo tema i rischi diventano gravissimi.

Jean Claude Juncker, presidente delle Commissione Europea 2014-2019, ha compreso questa grave urgenza promuovendo un Piano di Investimenti, sia pure di dimensioni piccole, ovvero circa 350 miliardi sul periodo 2014-2018. Giusta è però l’impostazione di metodo, collegata anche all’operare della Bei, ed è bene che sulla stessa abbia fissato una parte del suo programma la neo-presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, che ha prefigurato un piano di investimenti di 1000 miliardi in 10 anni per “l’Europa Verde”. Questa intonazione programmatica è condivisibile, ma meriterebbe più enfasi la consapevolezza che la nuova rivoluzione scientifica con gli effetti pervasivi di intelligenza artificiale, big data, genomica, biologia, biotecnologie, energia “pulita” richiede grandi e continui investimenti ed una rete di tecnoscienza europea completa. Al di là degli slogan, investire significa avere una prospettiva a 360 gradi che va dalla scienza alla società e alle nuove generazioni perché l’Europa invecchia e se non innova di continuo finirà in una stagnazione di lungo periodo. In Europa non mancano scienziati, innovatori e imprese, ma gli investimenti pubblici in quelle che si chiamano “infrastrutture” finanziati con la emissione di Eurobond rimangono lo snodo, per ora negato ma cruciale. Con un bilancio confederale Europeo pari all’1% del Pil, alimentato dai versamenti dei singoli Stati, si fa ben poco, mentre abbonda la liquidità sul mercato finanziario dove gli eurobond sarebbero anche una garanzia per i risparmiatori pazienti.

La trasformazione dell’Esm nel Ministero del Tesoro dell’Eurozona in grado di emettere Eurobond è indispensabile per creare una confederazione di Stati con un bilancio intorno al 20% del Pil. Per giungere a questo risultato il Paese che può decidere è la Germania che, in questo momento, vive una situazione economica complessa che potrebbe aggravarsi se il neo-protezionismo Usa generasse altri effetti. Avere una crescita endogena europea diventa dunque cruciale.

Istituzioni e multilateralismo

La citata innovazione economico-istituzionale è condizione necessaria ma non sufficiente per il rilancio dell’Unione monetaria (ma anche dell’Ue). Altre innovazioni sono prefigurate nei tanti progetti disponibili. A nostro avviso è molto difficile realizzare riforme sistemiche per cui è più realistico procedere con riforme a filiere funzionali. Tra le molte una su cui l’Europa dovrà misurarsi nei prossimi decenni è la dinamica demografica dell’Africa, che dall’attuale popolazione di 1,3 miliardi raggiungerà nel 2050 i 2,5 miliardi con movimenti migratori ingestibili di fronte ai quali i “sovranismi” saranno travolti. Solo una cooperazione allo sviluppo dell’Africa, a partire da quella mediterranea, potrà reggere a questa sfida. E su questo fronte l’Europa dovrebbe ampliare e riorientare la missione della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (Bers), che fino ad ora ha avuto un ruolo marginale nel finanziare gli investimenti in alcuni paesi dell’Africa Mediterranea. Anche la Banca Europea degli Investimenti (Bei), che è il primo azionista della Bers, andrebbe ripolarizzata, quando investe fuori dall’Europa, soprattutto sull’Africa mediterranea. Più in generale cruciale è la collaborazione con altre banche multilaterali di sviluppo tra cui quella cinese (Aiib – Asian Infrastructure Investment Bank) che ha tra i suoi Stati fondatori anche Francia, Germania e Italia e molti altri dell’Eurozona. Perché l’Europa deve sempre essere sostenitrice di quel multilateralismo che sorregge anche l’Onu ed i suoi Obiettivi di sviluppo sostenibile del prossimo decennio ed oltre.

L’HUFFPOST

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