Salvini, i suoi, e lo spettro di una scossa giudiziaria. Gira un’aria strana in Transatlantico

Le truppe di Salvini hanno l’aria di chi ha un sacco di soldi ma non sa come spenderli. Perché la spallata al governo appare irrealizzabile. Sì, è vero la scorsa settimana la campagna acchiappa/cinquestelle ha portato i suoi frutti con ben tre pentastellati che sono approdati nel gruppo della Lega. Ma non basta. Anche perché il governo si è salvato in due occasioni e per giunta bene in un terreno ostico come quello di Palazzo Madama. Per non parlare dell’operazione “salvataggio”, così la chiamano i leghisti, ovvero l’idea salvinian-giorgettiana di proporre alla maggioranza e alle opposizioni un tavolo di salute pubblica per affrontare cinque emergenze. Silenzio. Persino gli amici del centrodestra non hanno risposta alla chiamata. La Meloni si è infuriata, Berlusconi ha lasciato campo libero all’azzurra Maria Stella Gelmini che ha rilanciato sulla coalizione: “Solo il centrodestra unito può dare lo sprint giusto”. Che è come dire, preoccupati del nostro campo visto che non abbiamo raggiunto un accordo nemmeno sul candidato in Calabria dove si voterà fra trentasei giorni.

Eppoi c’è poi lo spettro giudiziario a completare il quadro. E’ la ciliegina sulla torta che attanaglia i pensieri della war room del Capitano. Ecco perché, al solo sentire la parola inchiesta, il vicesegretario Andrea Crippa prima ironizza con un “eh, eh, dovete chiedere a quelli dei cinquestelle che hanno contatti con le Procure…”, ma un attimo dopo, sempre Crippa, che passeggia in Transatlantico con un trolley, si ferma e attacca: “Lo sappiamo benissimo che la magistratura quando vuol far fuori una persona che ha i voti lo fa attraverso le sentenze e le condanne…”. Boom. E sono parole dietro cui si cela una certa insofferenza perché il match di Salvini e company non sta andando come avrebbero desiderato. Il trailer leghista avrebbe dovuto vertere attorno alla spallata al  governo, all’implosione dei cinquestelle, e poi dritti al voto. No. Di tutto questo non c’è traccia. E Salvini insomma si ritrova ad essere il primo partito ma non può capitalizzare.

Ma dicevamo degli spifferi di cui scrive Belpietro. Nicola Molteni, che è stato il vice di Salvini al Viminale, fugge quando il cronista pone la domanda sull’inchiesta. “Siamo responsabili”, taglia corto. Edoardo Rixi, altro campione del leghismo, nonché viceministro di Toninelli nei mesi del governo gialloverde, allarga le braccia e la prende larga: “L’utilizzo delle Procure, il restringimento del numero dei parlamentari, l’impossibilità di intervenire sulla manovra, ecco tutto questo non pare affatto democratico. Fate voi…”. Certo poi c’è chi come l’euroscettico Claudio Borghi risponde dalle tenebre della commissione Bilancio e ironizza: “Dopo il sequestro di persona cosa potrà arrivare? A questo punto manca solo l’accusa di stragi….”.

Tuttavia in Transatlantico un’aria strana c’è e si sente. Non è certo un caso allora se uno come Enrico Costa, azzurro che solitamente centellina le parole, dice una frase del tipo: “Milano è una Procura troppo ermetica. Ma questo dimostra la debolezza della politica”. Si aspettano tutti qualcosa. E forse anche se non lo dirà mai si aspetta qualcosa anche quel Salvini, ora in versione statista, ieri in versione pieni poteri. E domani chissà. Intanto guarda i sondaggi e non sa cosa farne. Anche perché è sempre più solo. 

L’HUFFPOST

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.