Governo, l’irritazione di Conte che convoca gli alleati: nuovo duello sull’autonomia

Irritato e di cattivo umore per via del feeling tra i due Matteo, Renzi e Salvini, il capo del governo affida ai suoi il mandato di derubricarlo a “semplice riunione sull’autonomia differenziata”. Semplice per modo di dire, visto che alle dieci della sera la delegazione che si presenta a Palazzo Chigi è quella delle grandi occasioni: Di Maio, Patuanelli, D’Incà e Anna Macina per i 5s, Boschi e Rosato, Franceschini e Boccia e poi Speranza, segretario di Leu.

Dopo ore di ordini e contrordini, annunci e smentite, il vertice finalmente inizia e subito le posizioni si irrigidiscono perché Boschi e Rosato vogliono ridiscutere tutti i dossier, sfidando l’ira di Conte. «Non entrano nemmeno nel merito delle questioni, non hanno il mandato a chiudere su niente – si lamentano tra loro dem e 5 Stelle – Renzi chiede il cambio di passo e poi lo impedisce… Punta al bersaglio grosso, la giustizia». Arrivano le pizze e le birre, il ministro dem Francesco Boccia illustra il suo testo, frutto di tre mesi di paziente mediazione su e giù per l’Italia: «L’accordo unitario di tutte le regioni, da Nord a Sud, fa ben sperare. Ma o siamo tutti uniti, o non si va avanti».

Ancora guai, ancora tensioni. Boccia avrebbe voluto inserire il provvedimento in manovra, ma Italia viva ha chiesto tempo, i gruppi parlamentari di Leu si sono messi di traverso e anche i 5 Stelle hanno azionato il freno. Per non mettere a rischio la fragilissima tregua, raggiunta dopo gli scontri sulla manovra e sul decreto che salva la Banca popolare di Bari, Conte vuole prendere tempo, rinviando a gennaio l’impostazione dell’Agenda 2023. Un passaggio cruciale, al quale il premier lega il futuro della maggioranza. «Se la verifica fallisce si va tutti a casa», è l’avvertimento che il giurista pugliese è pronto a scandire quando sarà il momento. Ma non è ancora il tempo e per tenere insieme forze così diverse e litigiose serve prudenza. «Sono qui per dare una prospettiva migliore al Paese, non per staccare la spina», rassicurava al mattino Conte.

Eppure il tema delle urne tiene banco. I parlamentari sono in allarme e nel governo si parla molto della presunta tentazione di Renzi di andare al voto anticipato con il Rosatellum, la cui soglia di sbarramento è un abbordabile 3%. «Matteo è fuori di testa perché crolla nei sondaggi», dice il tam tam del fronte filo-governativo. Quello di Ipsos, che farà piacere al premier, vede Pd e M5S in recupero, mentre Italia viva perde 1,3 punti e si ferma al 4,2. Renzi (14%) è all’ultimo posto nel gradimento dei leader, sia pure con un passo in avanti del 3%. Tre punti in più anche per Conte, che risale al 49 e si attesta 13 punti sopra Salvini. Il segretario della Lega ha lanciato l’amo del confronto bipartisan e il solo leader di governo che mostra un qualche interesse ad abboccare è Renzi, tanto da aver invitato ad approfondire la «simpatica tarantella» dell’altro Matteo sul governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi.

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