Perché il Parlamento (tranne Salvini) non vuole andare a votare

di Francesco Verderami

Perché il Parlamento (tranne Salvini) non vuole andare a votare

Più che un gruppo, c’è un intero Parlamento di «responsabili». Che per ragioni diverse, piuttosto di precipitare verso il voto, preferisce tenersi Conte.
Conte dal canto suo vorrebbe far l’americano, ma ha capito che per resistere a palazzo Chigi serve il rito andreottiano. Sul telefonino ha un’immagine di Jfk e in calce una sua frase celebre: «Ogni risultato inizia con la decisione di tentare». Eppure quando parla al cellulare, agli interlocutori pare di risentire l’antico lessico democristiano: «Io farò capire che le porte sono aperte – aveva anticipato a un messaggero dei responsabili – ma di più per ora non potrò dire». Passo dopo passo, giorno dopo giorno cerca di raggiungere la meta: stabilizzarsi attraverso gli stabilizzatori.

Mesi fa, quando andò in Irpinia a esortare «un nuovo impegno dei cattolici in politica», De Mita colse il significato profondo del suo messaggio. «È venuto perché ha bisogno di un gruppo parlamentare in suo sostegno», sussurrò l’ex leader della Dc a Rotondi, che già lavorava a quel progetto: «Parlane con Gianni Letta, perché Berlusconi certe cose non le capisce».

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