La tattica del rinvio per paura

Si oscilla tra europeismo e euroscetticismo, tra voglia di alleanza col Pd e minacce al partito di Nicola Zingaretti, tra attestati di lealtà e smarcamento dal premier. Disorienta ulteriormente il dettaglio che a interpretare i «Movimenti» grillini sia Luigi Di Maio. Il ministro degli Esteri di volta in volta assume le fattezze del guastatore o dello stabilizzatore, a seconda degli umori che capta e dell’esigenza di cavalcarli per non essere disarcionato da un ruolo ormai contestato apertamente. Il suo irrigidimento sul Meccanismo europeo di stabilità, acronimo Mes, è l’ultima manifestazione di questo tatticismo giocato non con lo sguardo agli alleati o all’Europa, ma alle convulsioni interne ai Cinque Stelle. Accreditare un complotto europeo contro l’Italia, magari facendosi scudo di qualche distinguo imprevisto, spinge la prima forza del governo verso la convergenza con la più vieta propaganda sovranista. E non cancella il sospetto che, demonizzando strumentalmente il Mes, in realtà siano i populisti presenti oltre che in Lega e FdI anche nel M5S a volersi tenere le mani libere in vista di politiche ostili agli impegni con l’Ue. Ma è un atteggiamento che obbliga Conte a una mediazione acrobatica col Pd, frastornato e sempre più irritato dagli scarti di Di Maio; con la nuova Commissione europea, dove un M5S europeista a giugno ora si è diviso sul voto; e con lo stesso Movimento. Il premier conosce a fondo le dinamiche interne dei Cinque Stelle, dei quali è stato un’emanazione e che tuttora cercano di fargli pesare la loro investitura: tanto più perché navigano tra mille difficoltà.

Così, quando il ministro degli Esteri sembra ufficializzare la distanza dal «suo» presidente del Consiglio facendo sponda con Alessandro Di Battista contro il Mes, il messaggio in bottiglia preoccupa. Di Battista è uno degli esponenti più antigovernativi, in bilico tra un nuovo sabbatico in Iran, dopo quello in Centro America, e una ricandidatura in caso di elezioni anticipate. Chiarire queste ambiguità è prioritario, per un esecutivo che abbia l’ambizione non solo di sopravvivere ma di governare e comunque di non isolare l’Italia nel contesto europeo. E sperare che dal vertice di questa sera arrivi un’indicazione non provvisoria né contraddittoria dovrebbe essere nell’interesse di tutti, anche perché è in primo luogo nell’interesse nazionale. Prendere tempo, rinviare, tergiversare, come si sta facendo con l’ex Ilva, con Alitalia, con il rosario di crisi industriali lasciate aperte, sarebbe soltanto la conferma di un’Italia impantanata nelle sue contraddizioni. E condannata a restarci da un perno grillino che si illude di restare tale galleggiando su una rendita di posizione elettorale di appena un anno e mezzo fa ma già, sembrerebbe, appartenente a un’altra stagione politica.

CORRIERE.IT

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