Open, quei bonifici sospetti dalla fondazione di Bonifazi

Il primo bonifico inserito nell’elenco trasmesso dall’Unità antiriciclaggio risale 5 giugno 2018. Quel giorno la Fondazione di Bonifazi manda 20mila euro a quella di Bianchi. E questo nonostante già dagli inizi di aprile i componenti del consiglio di amministrazione di Open – oltre a Bianchi e Carrai, Maria Elena Boschi e Luca Lotti – avessero deciso di chiuderla. Che motivo c’era di trasferire quel denaro? Si trattava di un passaggio per “mascherare” un’operazione di diversa natura? Interrogativi che dovranno trovare risposta anche in riferimento ad altri due versamenti, disposti da Serra. Il titolare di Algebris – che risulta tra i “donatori” di Open per 300mila euro – versa a Eyu 54,900 euro nel 2017 e 80mila nel 2018.

Scrive la Finanza nell’informativa relativa all’analisi dei conti della Eyu di Bonifazi: «In considerazione degli accrediti pervenuti sul conto corrente che non trovano rispondenza nei dati di bilancio 2017 e dei numerosi e cospicui giroconti pervenuti da altro intermediario di cui non è possibile verificare l’origine della provvista, in assenza del piano annuale delle attività istituzionali e in considerazione inoltre della parcellizzazione dei pagamenti che non consentono nè la verifica dell’utilizzo dei fondi nè la verifica che la fondazione abbia correttamente perseguito le proprie finalità mediante l’erogazione di contributi a progetti e iniziative».

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Il ruolo di Carrai

Bianchi e Carrai sono ritenuti personaggi chiave nell’inchiesta guidata dal procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo. Sospettati di aver gestito il flusso di denaro destinato a Renzi e per questo indagati di finanziamento illecito. “Collettori” di circa 7 milioni di euro che dal 2012 al 2018 sono stati versati a Open sia pur in ruoli diversi. L’accusa ritiene che Bianchi utilizzasse la propria attività di avvocato e consulente legale per “mascherare” i bonifici provenienti dai finanziatori, mentre Carrai mettesse a disposizione le proprie società italiane ed estere sia per trovare «sostenitori economici» sia per metterli in contatto con i politici del “giglio magico”.

«Le acquisizioni investigative – si legge nel decreto di perquisizione eseguito nei giorni scorsi – evidenziano significativi intrecci tra fondazione Open e società lussemburghesi e fiorentine». Molti soci di Carrai nella Wadi e in altre aziende risultano finanziatori di Open e questo ha alimentato il sospetto che in realtà quelle “provviste” potessero anche essere state spostate dall’estero o comunque rappresentino donazioni fittizie e in realtà siano vere e proprie contropartite per vantaggi ottenuti dagli imprenditori.

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