Michela Murgia ad Huffpost: “Le minigonne non stuprano, gli uomini sì”

Lo sarebbe se vivessimo in una cultura che considera la molestia sessuale un fatto grave. Nel momento in cui Franco Gabrielli davanti a situazioni di questo tipo risponde: “non possiamo imprigionare tutti gli stalker” diventa evidente che la categoria degli stalker sia considerata in modo superficiale, e che molestare una donna non appaia grave. Ci sono uomini che dopo aver ucciso la propria compagna si sono fatti una manciata di anni di carcere, e hanno goduto di numerose attenuanti.

Eppure siamo nel 2019. Ci consideriamo un Paease occidentale tendenzialmente civile. La realà della cronaca, dai femminicidi al razzismo dilagante, pare parlare di un’altra Italia.

La pancia è sempre affamata.

Ma chi se la coccola questa pancia italica?

Matteo Salvini, Giorgia Meloni e tutto il sovranismo si fondano sulla difesa di presunti marcatori che, invece di segnare le uguaglianze, evidenziano le diversità. Così siamo tutti uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri. Chi fa politiche del genere, sta favorendo le discriminazioni. A cominciare da quelle verso le donne e verso i gay.

Le pare in corso un cambiamento?

Sono finiti i tempi in cui ognuno zappa solo il proprio orto: questi sono i tempi dell’intersezionalità dove tutte le lotte alle differenze sociali vanno fatte insieme, perché c’è il tentativo di tornare a un unico standard del maschio bianco, benestante e cattolico. E a questo standard bisogna opporsi. Qualcuno pensa di poter fare la guerra da solo, ma è anacronistico. La società ha bisogno di pluralismo.

Torniamo al report Istat: il 39,3% della popolazione pensa che una donna possa sottrarsi a un rapporto sessuale se non lo vuole.

È un pregiudizio molto forte, messo in opera anche con Asia Argento quando ha denunciato lo stupro subito. Molti credono che siano le donne a porsi in condizioni di pericolo: qualunque cosa ti succeda, è perché l’hai voluto. Ma la colpevolizzazione della vittima è pericolosissima, perché così la si uccide due volte. Prima per il reato e poi per il giudizio della comunità, come se l’uomo non fosse in grado di controllarsi. Ma gli uomini quando si arrabbieranno per essere descritti così?

Secondo lei?

L’autocontrollo si impara alle scuole elementari, e pensare che un uomo di quarant’anni non sia in grado di tenere sotto controllo la “tempesta emotiva” che viene spesso invocata nelle sentenze fa rabbrividire. Si tratta di un frutto evidente della cultura patriarcale.

Il 23,9% degli intervistati da Istat crede che siano le donne a indurre, per il loro modo di vestire, la violenza sessuale. E, almeno per il 6,2% del campione, le donne serie non vengono violentate.

C’è un evidenza chiara però. Le canottiere e le minigonne non stuprano, ma gli uomini sì. Ogni tentativo di spostare la violenza sulle donne su qualcosa di diverso è una violenza ulteriore. Non esiste un abbigliamento rispettabile. Un uomo che non si ferma davanti al tuo rifiuto, come può essere fermato da un paio di pantaloni? In un contesto maschilista come il nostro, un uomo che vede una donna con abiti succinti si ritiene costantemente invitato in cena. La mentalità predatoria, quella dell’uomo cacciatore, è imperante. Così facendo associamo un’immaginario seduttivo a quello di morte. Il cacciatore la preda la insegue per ucciderla.

Oltre il 15% degli intervistati è convinto che, se ubriaca o sotto effetto di droghe, una donna sia in parte responsabile dello stupro.

È, piuttosto, incapace di intendere e di volere. E questo è abuso. Sempre e comunque. Se non sei in grado di esprimere il consenso, il consenso non esiste.

C’è un altro dato che lascia riflettere. Quello della credibilità delle donne: il 12,7% del campione ha dichiarato che spesso le accuse di violenza sessuale sono false.

È un dato che dieci anni fa era almeno il doppio. La mentalità nel tempo è cambiata: adesso le persone sono più propense a credere alle donne. C’è una quota che fa resistenza, ma non è un buon motivo per non denunciare.

Come si riesce a far sentire la propria voce?

Le femministe non sono mai state forti come oggi. Occupiamo le piazze. Portiamo i temi che ci stanno a cuore nell’agenda pubblica. Adesso serve che l’educazione di genere sia insegnata nelle scuole primarie.

In questo modo si interviene però solo sui bambini.

Per gli altri è tardi. La lotta agli stereotipi di genere si fa quando si sta formando la cultura, di quegli stereotipi. Bisogna ragionare dai più piccoli, comprendendo che questa società fa fatica a prendere dei provvedimenti contro il maschilismo perché lo è profondamente. E non esiste un maschilista che voglia processare se stesso. C’è una cosa che non bisogna mai dimenticare.

Quale?

Chi detiene un privilegio, qualsiasi esso sia, non vuole mai essere messo in discussione.

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