Quei privilegi costosi riservati ad Alitalia

di Ferruccio de Bortoli

Che cosa avremmo potuto fare con i circa nove miliardi persi in questi anni dall’Alitalia e pagati in larghissima parte dai contribuenti? Ognuno di noi formuli un’alternativa. Siccome siamo in Italia, sarei pronto a scommettere che la maggioranza della classe dirigente (politica ma non solo) propenderebbe per un vantaggio immediato anziché destinare la cifra a un investimento futuro, come farebbe una normale famiglia o una qualunque azienda seria. Si parlerebbe di un tesoretto — definizione orribile per un Paese indebitato — e si alzerebbero tante mani di richiedenti tignosi, di finte vittime di ingiustizie, di constituency elettorali da accontentare, di settori avidi di sussidi. Un sussulto virtuoso potrebbe suggerire di ridurre le tasse ma si litigherebbe sui beneficiari reali impugnando le ragioni degli incapienti. Figurarci se poi qualcuno dicesse: impegniamo quei miliardi a riduzione del debito. Sarebbe scambiato per un cinico contabile dell’austerità. Escluso. Dunque, continuare a spendere, anche nella certezza di perdere, non suscita riserve, non genera polemiche. Ci sono i posti di lavoro. Già, ma li si difende veramente così o si prolunga soltanto l’agonia mettendoli ancora di più in pericolo? L’ennesimo prestito ponte alla compagnia aerea, una volta di bandiera (ma se fosse ancora così perché molte Regioni incentivano, giustamente dal loro punto di vista, i voli Ryanair o Easyjet?) è destinato a essere inghiottito da un bilancio da troppi anni in rosso

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