Il vecchio ordine in Europa è crollato e ne va creato uno nuovo

di Massimo Cacciari

Guai ai vinti, certo, ma guai anche ai vincitori se non sanno quale ordine instaurare dopo la vittoria o ne progettano uno semplicemente impossibile. Questo è avvenuto con la caduta del Muro, la vera fine della seconda grande Guerra e del tragico Novecento.

Il tempo ha subito un’accelerazione tremenda; poteva la politica stargli dietro? L’inseguimento è stato affannoso, disperato a volte. Ma ora, dopo trent’anni, tutto appare, o dovrebbe apparire, più chiaro. Gli Stati Uniti, in un modo o nell’altro, si ritirano dall’idea dell’impero di uno solo; gli equilibri globali possono nascere soltanto dal compromesso tra i grandi, secolari spazi imperiali, e saranno sempre perciò equilibri conflittuali, arrischiati fino al limite estremo che ogni agire politico ha sempre tenuto dinanzi a sé: la guerra; l’Europa può competere in questo spazio soltanto come federazione di Stati, costituiti al proprio interno in forme radicalmente diverse da quella centralistico-burocratica che li ha caratterizzati nella loro storia.

Le crisi ad ogni livello che hanno segnato l’Europa dopo il fatale ’89 evidenziano l’impossibilità di proseguire sulla vecchia strada, quella dell’illusione che l’unità monetaria e di mercato producesse per benevola partenogenesi l’unità politica, quella dello strapotere di organismi burocratici privi di ogni legittimazione democratica, quella dell’annessione a freddo di nazioni che vivono un tempo diverso rispetto a quello dell’Europa occidentale.

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