Salvini alla disfida di Bologna e il segnale della piazza anti-Lega

Le tre città rappresentano bene il paradosso. Moltissimi dei presenti al palazzetto dicono di aver sempre votato a sinistra, alcuni anche 5 Stelle, molti persino riconoscono al governatore Stefano Bonaccini di essere «un buon amministratore» e pure un «presidente capace». Ma la spinta al cambiamento, e la valenza nazionale delle elezioni del 26 gennaio, sono una propulsore formidabile. È quello che Salvini chiama «effetto Umbria», il «riuscire a dare voce a un’alternativa».

Salvini non fa finta che non sia così, per lui la sfida emiliano-romagnola resta il «preavviso di sfratto» al governo. Senza negare anche il valore simbolico della tradizione emiliana: «Una parte del mondo cooperativo sta già dialogando con noi». Anche se Giancarlo Giorgetti è più che prudente: per lui non è affatto detto che la caduta della Regione simbolo delle amministrazioni di sinistra porti a una caduta del governo: perché «ci sono due Italie, quella dentro ai palazzi e quella fuori». E dunque, il vice di Salvini nemmeno è convinto che la possibile sconfitta in Emilia porti alle dimissioni, come fu per D’Alema, il segretario dem Nicola Zingaretti: «Voi ragionate con la testa di ieri. Un tempo le regole non scritte dicevano che chi perdeva le elezioni si fermava. Ora non è più così, quelli che sono dentro pensano esclusivamente al loro destino personale». E dunque, «noi siamo qui perché vogliamo vincere qui. Bologna è sempre stata difficile per Cantù e Varese», un’ironia che richiama il basket.

In realtà, al PalaDozza l’atmosfera è euforica. Alessandro «The Voice» Morelli, voce degli eventi leghisti, si sgola per sottolineare «la serata dell’odio qui fuori e quella del sorriso qui dentro».

Il Pd irride la candidata Borgonzoni: sarebbe completamente coperta dal punto di vista della comunicazione da Salvini. Tutt’altro che un fatto inedito: in tutte le Regionali dell’ultimo anno e mezzo, il leader leghista ha monopolizzato la campagna elettorale, limitando anche le iniziative comuni con i candidati del centrodestra. Ma Borgonzoni non fa una piega: «Io non mi vergogno di Salvini, a differenza di chi vuole nascondere Zingaretti, Renzi e il suo partito». Quanto a Stefano Bonaccini, serafico, si limita a dare il «benvenuto» ai lombardi che sarebbero stati cammellati a Bologna per dare un aiutino a riempire il PalaDozza. Mentre un bolognese è certamente a Milano: Francesco Guccini, nel capoluogo lombardo per la presentazione della sua raccolta Note di viaggio, si augura che le elezioni «vadano come tradizionalmente vanno in Emilia-Romagna».

CORRIERE.IT

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