Il giorno di Segre tra gioia e amarezza «È la mia mozione». E Bonino: ho i brividi

Chissà se le hanno fatto più piacere gli applausi, gli abbracci e la lunga ovazione con cui mezzo emiciclo in piedi ha festeggiato il via libera, o le braccia conserte dei tanti, troppi senatori di centrodestra rimasti polemicamente seduti, senza battere le mani. Chissà se si è accorta di quei senatori di Forza Italia scattati, pur tardivamente, in piedi, con imbarazzo per la scelta appena compiuta e che dopo, a titolo personale, sono andati ad omaggiarla. E chissà se la nascita della commissione, della quale se tutto va bene sarà eletta presidente alla prima riunione, basterà a farle dimenticare le migliaia e migliaia di insulti che le piovono addosso ogni giorno per il sangue che le scorre nelle vene, per le bastonate che la vita le ha assestato («La peggiore? Quando hanno ucciso mio padre»), per il nome che porta: «Questa ebrea di m. si chiama Liliana Segre… Hitler non hai fatto bene il tuo mestiere». Oppure: «La senatrice a vita Segre sta bene in un simpatico termovalorizzatore». E ancora, ancora, in un crescendo di orrori registrato su Repubblica da Piero Colaprico.

Emma Bonino, tra i primi a ringraziarla e abbracciarla dopo il via libera alla mozione, racconta che la illustre collega, «non essendo esperta di dinamiche politiche», non abbia capito perché il centrodestra avesse deciso di smarcarsi. «Desiderava che finisse con un accordo unanime — racconta Bonino —. Mi ha emozionato molto e mi ha fatto una grande tenerezza per questa sua forza, questa resilienza». Ore ed ore incollata allo scranno, cercando di non sentire la stanchezza e spiegando ai colleghi che no, «non posso andare a riposarmi, non voglio perdermi gli interventi perché è la mia mozione, non sarebbe dignitoso se io non ci fossi». Parole che a Emma Bonino hanno fatto «venire i brividi, per il profondo e raro senso delle istituzioni». E intanto sui banchi delle opposizioni, presente Matteo Salvini che a giudizio dei dem «in Aula non viene mai», nascevano i distinguo e prendeva forma la protesta contro la presunta censura, il «bavaglio», la commissione che secondo leghisti e senatori di Giorgia Meloni avrebbe un solo, vero obiettivo: silenziare le parole d’ordine della destra italiana.

Fa buio, dal Viminale filtra la notizia che la ministra Luciana Lamorgese ieri mattina è andata privatamente a casa della senatrice Segre per portarle riconoscenza e solidarietà: «La conosco da anni, rappresenta la memoria di una pagina terribile della nostra storia». Il Partito democratico con Franco Mirabelli parla di «deriva di una destra che si consegna all’estremismo» e i Cinque Stelle per bocca di Alessandra Maiorino accusano i leghisti di «sbandierare un becero fanatismo». La polemica infuria da ore quando la senatrice del Pd Tatiana Rojc, «commossa e grata» a Liliana Segre, ma anche «molto preoccupata», racconta all’agenzia Ansa perché ha votato la mozione: «L’ho fatto anche in memoria di mio padre, deportato dai nazisti nel 1944 in quanto sloveno. Spero che quello che è accaduto al Senato serva a mettere un argine a un fiume di violenza».

CORRIERE.IT

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