Caso Barr: contraddetti, ancora una volta, dagli americani

Ci risiamo. Gli americani, per bocca di William Barr, incrinano la linea difensiva del presidente del Consiglio e dell’intelligence italiana. E dicono a chiare lettere due cose di non poco conto: che da un lato hanno aperto un canale apposito con i servizi segreti italiani, e dall’altro che il procuratore Durham ritiene che in Italia potrebbero esserci “informazioni utili” alla controinchiesta sul Russiagate. Quindi, non sono proprio “i normali scambi informativi” fra paesi alleati di cui parlava la scorsa settimana il premier Conte e che ha ribadito oggi il capo del Dis, Gennaro Vecchione, che peraltro ha anche tenuto a precisare come non siano stati dati (finora) elementi rilevanti agli americani. E allora le contraddizioni rimangano e le versioni divergono.  Non sono bastate certo le oltre tre ore di audizione del numero uno degli 007 italiani a diradare le nubi che ancora sono lì, immobili e impensieriscono Conte.

Palazzo San Macuto, sede del Copasir, ore 15 e 20. È in quell’istante che Vecchione, che siede li dal dicembre del 2018, per volere del premier Conte, varca l’ingresso della stanza del Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti. Si accomoda, guarda negli occhi tutti i componenti del Copasir, a partire dal presidente Raffaele Volpi, e comincia a rispondere. Prima ora e mezzo dedicata alla relazione annuale dei servizi segreti. Poi quando scoccano le cinque del pomeriggio si entra nel vivo dell’audizione. E i membri del Copasir iniziano a porre le domande sugli incontri tra i servizi italiani e il Guardasigilli americano. Perché il Capo del governo ha autorizzato quei contatto anziché gestirli personalmente? Si torna al giugno scorso. A quando la lettera di Barr arriva attraverso canali diplomatici. Vecchione ricostruisce i passaggi successivi. 

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