La ricerca di un’intesa e le alleanze complicate

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di   Paolo Mieli

Sarà anche vero quel che ha tenuto a ricordarci il presidente del Consiglio e cioè che («detto con tutto il rispetto») l’Umbria ha un numero di abitanti pari a quello della provincia di Lecce, e che per questo è quasi impossibile che il voto amministrativo metta in seria difficoltà il governo. Però il passaggio elettorale di domani avrà ugualmente qualche non trascurabile ripercussione sul prosieguo della legislatura. Nel senso che, se verrà premiato il rassemblement di destra-centro, l’esecutivo avrà — come è ovvio — una vita meno tranquilla; e se invece prevarrà la neonata coalizione sinistra-M5S saranno leghisti e loro alleati, come è altrettanto evidente, a dover mettere nel conto tempi assai più lunghi prima che si presenti l’occasione di una possibile rivincita.

Ma qualcosa la campagna per le elezioni in Umbria lo ha pur messo in luce. Ad esempio quanto la ricostruzione del centrodestra sia ad uno stadio più avanzato rispetto all’edificazione dell’alleanza tra Pd e 5 Stelle. I partiti di Zingaretti e Di Maio sembrano infatti non essersi resi conto di come, una volta imboccato il sentiero della coalizione, sarà impossibile tornare sui propri passi. Anche nel caso di una sconfitta nelle elezioni umbre. Di qui alla prossima estate infatti si voterà con diversi sistemi tutti maggioritari in una gran quantità di regioni e comuni, e — eccezion fatta per alcuni casi particolarissimi — un mancato accordo tra i due principali partiti di governo verrebbe vissuto dalle rispettive aree politiche come una resa alla destra, ancor prima di combattere.

Tanto varrebbe che i due partiti prendessero atto di questa realtà che darà luogo a innumerevoli complicazioni. E provassero ad evitare di essere costretti — mese dopo mese — a cercare all’ultimo momento candidati che vadano bene a entrambi. Candidati che, come è accaduto all’albergatore umbro Vincenzo Bianconi, non avrebbero quasi neanche il tempo di farsi conoscere dai potenziali elettori. Pd e M5S possono ovviamente prendere la decisione di non coalizzarsi nelle elezioni amministrative che si terranno nel primo semestre 2020 (del resto, ai tempi del loro governo, leghisti e pentastellati, mai si presentarono assieme). Ma devono saper fin d’ora che ogni eventuale sconfitta verrà messa nel conto dell’incapacità o peggio dell’ignavia dei loro gruppi dirigenti.

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