Il nuovo governo e le accuse di troppo

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di   Massimo Franco

Non va sottovalutata la richiesta europea di «chiarimenti aggiuntivi» sulla manovra. Serve a ricordare al governo e alla maggioranza che l’apertura di credito ricevuta non è a fondo perduto, e nemmeno scontata. E diventa più insidiosa per il momento in cui la Commissione Ue ha deciso di inviarla: in giorni di tensione e di confusione, che allungano sulle decisioni prese un‘ombra di precarietà e di incertezza. L’ingiunzione di un vertice al premier Giuseppe Conte da parte del ministro degli Esteri e leader del M5S, Luigi Di Maio, e del capo di Iv, Matteo Renzi, non è un segnale costruttivo. Sa piuttosto di sfida, quasi di provocazione. Suona come una sorta di monito a ricordare che la sua coalizione deve rispondere a troppi protagonismi e micro-interessi; e può ritrovarsi di colpo appesa a un filo. Lo smarcamento più sconcertante è quello dei Cinque Stelle. Sembra proprio che Di Maio, rassegnato regista della maggioranza col Pd e della seconda presidenza Conte, stia proponendosi come il «nuovo Salvini». Chiede, anzi pretende il marchio grillino sulle misure da approvare. Quasi minaccia il presidente del Consiglio, accusandolo di collusione col partito di Nicola Zingaretti, negandogli quel ruolo di garanzia che lo ha riportato a Palazzo Chigi come punto di equilibrio.

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