Il Qe spaventa il Fmi: “Circolano 34mila miliardi di titoli a tasso negativo, il sistema può esplodere”

L’enorme massa di liquidità immessa dalle banche centrali sui mercati per contrastare il rallentamento delle economie ha spinto le aziende a fare “sempre più debiti e la loro capacità di ripagarlo“, avverte il Fondo, “si sta indebolendo. Nel caso di un rallentamento economico importante, le prospettive sarebbero preoccupanti”. Le vulnerabilità tra le entità finanziarie non bancarie vengono definite dal Fondo “elevate nell’80% dell’economia in base al Pil“. Un livello “simile a quello visto al picco della crisi finanziaria globale”.

iStock La caccia ai rendimenti ha spinto gli investitori istituzionali – come fondi pensione, gestori di attività e compagnie di assicurazione – ad assumere sempre più rischi e a rivolgersi a titoli sempre meno liquidi. “Tali esposizioni”, avverte il Rapporto, “potrebbero agire da amplificatori in caso di choc”. I tassi d’interesse così bassi per così tanto tempo “hanno aiutato a contenere i rischi verso il basso e a sostenere la crescita globale finora”. Ma hanno anche incoraggiato gli investitori a prendere rischi sempre maggiori nella corsa ai loro obiettivi di rendimento. Il risultato, sostiene il Gfsr, è che “le vulnerabilita’ hanno continuato a intensificarsi, mettendo a rischio la crescita nel medio termine“.

I tassi negativi

Nel complesso, calcola l’Fmi, le obbligazioni statali e aziendali con rendimento negativo ammontano a circa 15.000 miliardi di dollari. E i mercati si attendono che circa un quinto dei titoli di Stato in circolazione continueranno ad avere tassi sotto lo zero per almeno 3 anni.
A essere migliorata, nel frattempo e’ “la resilienza del settore bancario, grazie alla regolamentazione e alla supervisione più strette introdotte dopo la crisi finanziaria globale“. Secondo il Fondo, ci sono però ancora alcune istituzioni deboli. “I tassi negativi e le curve dei rendimenti più piatte”, sottolinea il Rapporto, “hanno ridotto le attese sulla reddititività degli istituti di credito e la capitalizzazione di mercato di alcune banche è scesa a bassi livelli”.
Esiste anche un problema di esposizione in dollari ( come è avvenuto recentemente in Turchia) che “potrebbe amplificare l’impatto di un restringimento nelle condizioni della raccolta e creare ricadute sui Paesi che ricevono prestiti transfrontalieri in biglietti verdi”. Dall’Fmi arriva un appello alle autorità “ad agire urgentemente per mitigare i rischi alla stabilità finanziaria”. In particolare, rileva il Gfsr, “dovrebbero mettere in campo e sviluppare nuovi strumenti macroprudenziali per le aziende finanziarie non bancarie”. Inoltre, “dovrebbero affrontare le vulnerabilità delle imprese con una supervisione e una vigilanza macroprudenziale più strette”. Ma soprattutto, conclude il Fondo, servirebbe “una maggiore cooperazione multilaterale” per “ridurre i rischi che potrebbero esacerbare la prossima crisi economica”.

Le precisazioni di Gualtieri e Visco

I rischi legati all’alto debito delle aziende non rappresentano “una minaccia imminente“. Lo ha sottolineato il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, rispondendo sui 19.000 miliardi di dollari di debito ‘corporate’ che il Fondo monetario internazionale ha definito “a rischio” perché i guadagni delle aziende non sarebbero in grado di coprire il costo degli interessi. “Poiché c’è una situazione di aspettativa di tassi bassi a lungo, la comunità internazionale si occupa di introdurre per tempo interventi per evitare che il rischio diventi pericoloso” ha osservato Gualtieri. Anche il governatore italiano, Ignazio Visco, sempre da Washington a margine dei lavori del Fondo è intervenuto sull’allarme del Fmi affermando che si tratta di  “un fenomeno poco diffuso in Europa e che in Italia non esiste. C’è negli USA e in Asia, ma potrebbe arrivare in Europa”. Insomma nessun rischio imminente in Italia ma nessun dorma.

BUSINESS INSIDER

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.