La destra battezza la leadership di Salvini

E allora importa sì che la piazza era consistente, composta da una zoccolo duro leghista, 500 pullman sono partiti da mezza Italia, per non parlare dei treni speciali. Poi ancora: famiglie con i bimbi piccini nei passeggini, tanta gente proveniente dal nord, ma anche dal sud, dalla Puglia alla Sicilia. E pochi, pochissimi, facinorosi di destra, senza saluti romani, croci celtiche. E sarà questa l’Italia vera, per dirla con Salvini, che ancora oggi i sondaggi accreditano al 45 per cento, e tra qualche giorno potrebbe mettere a segno un colpo a effetto in Umbria, strappando dopo oltre 50 anni l’Umbria alla sinistra. Sarà vero tutto questo ma sarà altrettanto vero, ed è il dato politico oggi, la coralità della coalizione. Non più insomma la corsa dell’uomo solo al comando, che a colpi di “pieni poteri” e di porti chiusi aizza la gente, divide il Paese e spaventa l’Europa e il mondo intero.

VIDEO – Il colpo basso di Salvini a Renzi: “A Porta a Porta avrei potuto attaccarlo salutando i miei genitori incensurati”

A piazza San Giovanni c’è anche un Salvini diverso, costretto a indietreggiare, a rispolverare una coalizione che fino a poco tempo fa utilizzava solo per vincere in Abruzzo, Molise, Sardegna, Friuli Venezia. E che adesso, invece, rinasce anche come potenziale coalizione di governo. Come la coalizione della spallata ai giallorosé. Non a caso, in pieno agosto, in una serata torrida, a Cervia, Salvini urlava così a proposito del centrodestra: “Non ho nostalgia del passato”. No, ha cambiato idea il Capitano leghista. In questa piazza della Capitale c’è una varietà di bandiere, che non si vedeva da qualche anno. C’è un Salvini che coccola il vecchio Silvio Berlusconi: “Questa piazza ci impone di lavorare assieme per il bene del Paese. Per questo invito sul palco il mio amico Silvio Berlusconi, che inventò il centrodestra”. Ne tesse le lodi, lo protegge da eventuali fischi, e riparte da qui. Ed è un riconoscimento significativo, che nel delirio di onnipotenza del mese di agosto, mai e poi avrebbe pronunciato il Salvini del Papeete. Ed è allo stesso tempo un regalo per l’ex premier, 83 anni, attorniato dalla claque azzurra e dallo stato maggiore azzurro, da Anna Maria Bernini ad Antonio Tajani, da Giorgio Mulè a Licia Ronzulli, da Maria Stella Gelmini a Sestino Giacomoni. E’ vero il Cavaliere, nella sua arringa appassionata, non ha certo brillato, ripetendo il solito cliché a colpi di “comunisti” e di “partito delle tasse”, che a un certo punto hanno infastidito i salviniani che volevano solo e soltanto sentire “il nostro Matteo”. Eppure, tutto questo la foto finale dei tre tenori, Berlusconi, Salvini e Meloni,  è anche un cambio di linea ma anche un passo indietro  significativo. “La calma è la virtù dei forti”, sottolineerà dal palco. Il suo pantheon ormai va da Oriana Fallaci a Luigi Einaudi, non ci sono passaggi forti contro l’Euro – a parte un Bagnai che evidenza “di irreversibile nella vita c’è solo la morte”. Tradotto, non l’Euro. Ma tornando a Salvini,  c’è il solito comizio a colpi di attacchi a “Giuseppi” Conte, a Virginia Raggi, a Lorenzo Fioramonti, a Matteo Renzi (“I miei genitori sono incensurati”), che poi sferza il “governo della tasse”, che cita Don Gnocchi. Ma l’unica novità che tira fuori dal cilindro è la ritrovata liason con gli alleati. Con l’amico “ritrovato” Silvio e l’amica “ritrovata” Giorgia. E allora vien da chiedersi: è stata una vittoria quella di piazza San Giovanni? La traversata nel deserto è solo appena iniziata…

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L’HUFFPOST

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