La destra italiana oltre la piazza

La destra italiana deve diventare adulta e dovrebbe essere capace di farlo proprio nei giorni in cui i cuori si riscaldano per le piazze stracolme e per i sondaggi entusiasmanti. È costretta ad unirsi su una piattaforma adulta non solo perché gli avversari del Pd e dei Cinque Stelle oramai stanno trasformando una coalizione d’emergenza in uno schieramento più stabile, dunque non solo per simmetria sistemica e per devozione al culto del bipolarismo politico forse ritrovato, ma perché gli stessi elettori si chiedono: nel caso in cui il centrodestra dovesse vincere le prossime elezioni e governare l’Italia, cosa intende fare, concretamente, realisticamente, credibilmente. Non è la solita polverosa esortazione ad abbassare i toni, anche se sarebbe molto meglio, e posizione giusta, che i leader del centrodestra dichiarassero non gradita la presenza di CasaPound nelle loro manifestazioni. E nemmeno una richiesta a smorzare la radicalità delle sue proposte: il mondo dei «moderati» è del resto praticamente in estinzione in tutta Europa. Ma è puerile ripetere sempre le stesse cose sull’Unione Europea per rivitalizzare lo spirito sovranista. O immergersi in un atteggiamento di pura opposizione. Del resto il fatto che il centrodestra governi tutte le regioni del Nord e abbia conquistato molte roccaforti delle regioni del Sud dovrebbe essere un’assicurazione sulla capacità di esercitare una cultura di governo, di buona amministrazione, di gestione concreta dei problemi senza perdere la spinta popolare. Perché invece accontentarsi sul piano nazionale della pura agitazione, non pensare che l’Italia possa essere trattata come la Lombardia, o il Veneto: governo e non solo folclore; governo e non solo piazze piene: governo e non solo la declamazione di principî che poi all’atto pratico si rivelano impossibili da realizzare.

Il centrodestra potrebbe impegnarsi di più nel darsi un decalogo di cose concrete che intende fare in futuro. Come se il tempo delle elezioni prossime fosse lunghissimo, come se la coalizione del governo appena formato fosse meno rissosa alimentando la sensazione che sia molto difficile tenere insieme una maggioranza formata da partiti che fino a tre mesi fa si detestavano fino alla delegittimazione reciproca. Il terremoto politico che ha sconvolto in tutta Europa l’assetto consolidato da decenni rende impossibile il ritorno all’indietro, quando il centrosinistra era saldamente nelle mani di una forza di ispirazione socialista e riformista e il centrodestra era diretto da una forza liberale ed europeista. La radicalizzazione degli schieramenti appare come un processo irreversibile. Eppure l’estremismo, anche se incoraggiato nel breve periodo da risultati elettorali entusiasmanti, non ha mai molto filo da tessere. In Francia il movimento di Marine Le Pen, pur essendo il primo partito, non riesce a governare, non per il destino cinico e baro ma perché un messaggio troppo oltranzista spaventa, allontana l’elettorato, rinchiude in una fortezza.

Salvini si è chiesto come mai anche molte forze e persone non pregiudizialmente ostili alla Lega, e tutt’altro che vulnerabili ai richiami della sinistra, abbiano salutato con un sospiro di sollievo la sconfitta delle bordate scomposte sparate dalla spiaggia? La destra italiana è forte ed è capace di avere un popolo, risorsa che manca clamorosamente al Pd. Ma l’ebbrezza della piazza festante o arrabbiata potrebbe offuscare la lucidità politica. L’esperienza di quest’estate dovrebbe essere di insegnamento.

CORRIERE.IT

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