Vecchi balzelli e respiro corto

Per il resto, la manovra 2020 ha il merito di mettere al centro la lotta all’evasione fiscale, il cui livello anomalo (109 miliardi di euro di mancato gettito all’anno) è uno dei grandi problemi dell’Italia. Più di 3 miliardi di entrate sono già cifrati, grazie a una stretta sulle compensazioni indebite tra crediti e debiti fiscali e previdenziali e alle misure contro le frodi nel settore dei carburanti. Altre risorse potranno arrivare dalla campagna, sostenuta anche dalla lotteria degli scontrini, per la diffusione dei pagamenti elettronici. L’enfasi posta dal governo sulla tracciabilità sembra giustificata dai risultati ottenuti quest’anno con l’obbligo della fatturazione elettronica. Secondo le opposizioni si rischia uno stato di polizia. Slogan a parte, l’esecutivo farà bene ad aiutare i piccoli esercenti per le commissioni che devono sostenere sulle transazioni elettroniche. Nel frattempo, avrebbe potuto evitare l’introduzione di balzelli vecchia maniera, tipo l’aumento da 50 a 150 euro delle imposte sul trasferimento di immobili tra privati o il bollo di 2,4 euro per ciascun foglio dei certificati penali. Incombe poi il taglio delle detrazioni fiscali sui redditi superiori a 120 mila euro: meno dell’1% dei contribuenti, oltretutto già tartassati. Demagogiche sembrano anche le misure sul carcere per chi evade le tasse. Ci limitiamo a osservare che i grandi evasori, prima di tenerli in prigione fino a 8 anni anziché 6, bisogna prenderli e condannarli. Va invece sostenuta, anche se oggi può sembrare velleitaria, la web tax sulle grandi imprese di servizi digitali.

La promessa di tagliare le tasse sul lavoro, il cosiddetto cuneo, è rispettata a metà: la misura partirà il prossimo luglio e in media dovrebbe dare una quarantina di euro al mese a chi sta tra 8mila e 35mila euro di reddito, compresi quindi anche quelli che già prendono il bonus Renzi (redditi fino a 26.600 euro). Pochi soldi al ceto medio, mentre resterebbero fuori ancora una volta gli incapienti, quelli con meno di 8mila euro l’anno, toccati solo marginalmente dal Reddito di cittadinanza che, peraltro, avrebbe bisogno di una messa a punto per restringere sia gli abusi sia la trappola dell’assistenzialismo. Una spinta maggiore alla crescita verrà senz’altro dal bonus fino al 90% sui lavori di rifacimento delle facciate degli edifici, una buona idea. Lodevole anche lo sforzo di un piano di una cinquantina di miliardi in 15 anni per le infrastrutture, ma va detto che serve a poco accumulare piani (come si è fatto in questi ultimi anni) se poi i soldi stanziati non si riescono a spendere. Il quadro, insomma, non è esaltante. Una manovra modesta, costruita in fretta e furia dal governo insediatosi il 5 settembre. Spetta ora alla maggioranza, in Parlamento, farne la base per consolidare il Conte 2 anziché per lanciare la campagna elettorale.

CORRIERE.IT

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