Giuseppe Conte ora è un modello: di destra, di sinistra. E di niente

di Susanna Turco

Con una sintesi tipicamente americana l’ha detto proprio Donald Trump, nel celebre tweet di quasi endorsement. Conte non è uno: sono almeno due, forse molti. Sono comunque sempre di più, alla fine di questa legislatura è possibile che, come i numeri, rasentino l’infinito. Una moda contagiosa, una maschera di Anonymous. Magistrale la sintesi del presidente statunitense: non «Giuseppe», ma «Giuseppi». Il nome proprio di ciascuno è indeclinabile, l’eccezione conferma la regola.

Siamo dunque a Giuseppi. Il fenomeno ha dell’inquietante ma ormai va veloce, trotta, a breve galopperà. In questa forma. E nell’altra complementare: Giuseppe Conte stesso, il ri-premier in persona, il fu avvocato del popolo, è infatti dappertutto. Moltiplicato. A sinistra con Massimo D’Alema e con Roberto Speranza. A destra con Giorgia Meloni. All’Onu con Greta Thunberg, a Lecce con Maurizio Landini: d’accordissimo con entrambi, peraltro. Come un format, un reality show, dal titolo: «Conte incontra il mondo». Non sappiamo cosa ci aspetta nei prossimi mesi, abbiamo in queste settimane avuto un semplice assaggio. Avanti. Lui è la scopa dell’apprendista stregone: più provi a farla a pezzi, più si moltiplica. Come persona e come modello. L’invasione degli ultraconte.

Così, all’ombra dei primi passi di una alleanza giallo-rossa che ormai avanza a tutti i livelli, si avvia la stagione dei Conte formato governatore regionale. In Umbria, sulle ceneri del Pd devastato dal caso di Catiuscia Marini, la governatrice indagata e costretta alle dimissioni per l’inchiesta sulle assunzioni nella sanità, è sorta come un fungo – previa trattativa estenuante, e svariati no – la candidatura di Vincenzo Bianconi da Norcia.

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