Conte-sindacati, feeling totale. Pronte due leggi per dare più forza ai sindacati

Non è un caso unico, si diceva. La legge sulla rappresentanza si aggancia a un’altra legge, quella per il riconoscimento del salario minimo. Un’altra battaglia dei sindacati che si appresta a trovare spazio, e presto, nell’agenda del neo governo. Lo farà – e questo è il secondo punto di forza che si genera dai nuovi rapporti tra il governo e le parti sociali – nelle modalità ideate da Cgil, Cisl e Uil. Sarà cioè un salario minimo legato ai contratti. E dato che in base alle nuove regole sulla rappresentanza, i contratti saranno ritenuti validi solo se siglati dai sindacati che hanno il consenso del 50%+1 dei lavoratori, si capisce bene quanto questo accresca la forza di Cgil, Cisl e Uil. I sindacati confederali, infatti, sono maggioritari in quasi tutte le realtà private del Paese. Ci sono ovviamente eccezioni, come ad esempio il settore dei piloti, ma sono casi sporadici. 

Toccherà quindi a Cgil, Cisl e Uil, i sindacati maggiormente rappresentativi, decidere insieme alle associazioni datoriali il modello contrattuale che varrà per tutti i lavoratori dell’azienda. Un’altra norma della convenzione sulla rappresentanza siglata oggi prevede infatti che al tavolo della contrattazione nazionale potranno sedersi solo i rappresentanti di quei sindacati che rappresentano almeno il 5% dei lavoratori. È evidente che si tratta di una legge che nasce con l’intento di contrastare il dumping contrattuale e di arginare i cosiddetti accordi pirata, quelli cioè siglati da sindacati poco rappresentativi che trovano un punto di caduta al ribasso con i datori di lavoro. Ma è altrettanto evidente la forza che la firma della convenzione conferisce alle tre sigle più rappresentative. 

Tutto pronto per il secondo tempo, cioè il salario minimo. Quello che il governo si appresta a varare non è un salario legato a una cifra fissa, come avviene per esempio negli Stati Uniti. Sarà, invece, parte integrante della contrattazione collettiva nazionale. E così sindacati e imprenditori potranno trovare un punto di sintesi capace di incrociare le differenti esigenze: da una parte tutelare i lavoratori, dall’altro non scaricare sui datori di lavoro il costo del salario. 

Questo è l’incasso dei sindacati. Il governo, da parte sua, li coccola come non avveniva da anni. Una fonte sindacale ricorda sarcastico che le riunioni sulla manovra duravano un’ora in tutto quando al governo c’era Matteo Renzi. Un’ora e una sola volta. Ma il cambio di pelle non è solo una volontà di Conte. In ballo ci sono anche i 5 stelle che fino ad oggi hanno creduto poco alla funzione di mediazione delle parti sociali. Sul finale del passato governo, Di Maio aveva provato a invertire un trend che inizialmente registrava solo attacchi e critiche nei confronti dei sindacati. Ma è stato un accenno. Ora in campo c’è una strategia articolata. Con la benedizione di tutti, Inps e ministero del Lavoro compresi. Al primo c’è Tridico, fedelissimo di Di Maio e tutor del reddito di cittadinanza. Al ministero di via Veneto c’è una ministra pentastellata. Nell’ambito delle nuove regole sulla rappresentanza, toccherà all’Inps raccogliere i dati sugli iscritti, e spetterà all’Ispettorato sul lavoro, insieme all’Istituto di previdenza, fare una media con i voti ottenuti nelle elezioni delle Rsu. Saranno, quindi, parti attive e decisionali di un processo che tiene tutti insieme. Il cerchio è chiuso. 

L’HUFFPOST

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