Il voto su Rousseau, viatico anomalo a una decisione già presa

Oggi il premier incaricato dovrebbe definire la lista dei ministri; e dare vita a una maggioranza con ambizioni di legislatura. I passi indietro annunciati ieri da alcuni candidati a ministeri di peso lasciano un margine di ambiguità sui contorni dell’esecutivo. Ma le trattative sono finite. La discussione si sposta sulle caselle ministeriali: politicamente, la decisione è stata presa, e il Quirinale vorrebbe che non si perdesse altro tempo.

D’altronde, bastava registrare negli ultimi giorni le parole ispirate di Beppe Grillo, garante e regista dell’accordo col Pd. Ne ha parlato quasi si trattasse di un incontro scolpito da tempo nella storia: un’enfasi usata per tacitare malumori diffusi; e per legittimare un’intesa che appariva improponibile. Toccherà a Conte darle una credibilità; e dimostrare che può produrre una stagione meno litigiosa e più costruttiva dei quattordici mesi di governo M5S-Lega.

L’aggancio con l’Europa e la posizione ferma sui sovranisti sono aspetti positivi dell’equilibrio che si va formando. Intorno, però, rimangono incognite: non solo nei rapporti tra M5S e Pd, ma dentro i due partiti alleati. E si intravedono misure demagogiche destinate a pesare sull’atteggiamento dell’opinione pubblica. Solo la composizione dell’esecutivo e il tempo diranno se rischiano di diventare tarli per la stabilità. Di Maio, capo contestato del M5S, esalta il risultato in tempo reale. E annuncia: «Abbiamo messo una toppa al gesto irresponsabile di Salvini». Come viatico non è il più esaltante.

CORRIERE.IT

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