“Il problema è Conte”

Intanto, quella di riaprire al M5s è stata una reazione o una decisione di Salvini, una ipotesi improvvisata al momento o pensata da un po’? “E’ stata l’aula, quel cartellone con tutte quelle luci rosse…”, dice il nostro interlocutore, “davanti a cui ha capito davvero che qui si rischiava, che un governo diverso era possibile”. Una mossa che ha sorpreso infatti anche i ranghi leghisti. “Sa, il rischio c’è. Se Salvini pensa di tornare al Nord senza autonomia, senza riduzione delle tasse, senza cantieri, e ricominciare l’opposizione da lì , il percorso non è certo semplice”.  Un episodio che sembra confermare quello che molti osservatori ripetono del Capitano – un leader bravo perché istintivo, ma a cui a volte l’istinto prende la mano. Nell’uomo con cui sto parlando si avverte il disagio per questa imprevedibilità “anche i nostri non sanno che aspettarsi”, e una punta (solo una punta) tutta nordica di antico sprezzo per Roma, legata alle attualità private “ poi lì, ormai c’è un suocero…” accenna. E chi vuol capire capisce. 

Ma il discorso sul Capitano è per certi versi secondario a questo punto. Consumata la svolta, il corpo leghista è contento, si sente più sicuro di prima? Insomma, all’idea di ricucire con i 5 Stelle ha tirato un sospiro di sollievo?  “Certo, almeno è una direzione, questa crisi è stata gestita in maniera per molti versi incomprensibile, da tutti… Ma non è mica chiaro come ci si può arrivare”. 

Intanto la soluzione Di Maio, di cui molti scrivono e parlano in queste ore, è una opzione, una idea? L’uomo ride. “Certo, è una opzione… “, e che opzione! “Non sarebbe difficile, e nemmeno tanto lungo,  fare andare tutto a posto…”. In effetti l’organigramma è perfetto – Di Maio premier salva il governo, ma anche l’onore dei Pentastellati, in cambio all’economica la Lega incasserebbe Giorgetti, prendendo nelle proprie mani tutte le partite che premono all’elettorato leghista, nonché i rapporti con l’Europa. Mentre Salvini “come un generale romano” resterebbe al suo posto al ministero “pronto a fare tutte le sue battaglie a mani libere”, scherza il nostro leghista. 

Insomma il pensiero su Di Maio c’è. E il solo pensiero, per un partito orgoglioso della sua autosufficienza, scocciato in questi ultimi mesi, dalla convivenza con i 5S, vuol dire che nella Lega c’è davvero un ripensamento in corso sul rapporto con gli alleati. 

Ma se si prova a immaginare come ci si arriva, la soluzione rimane impigliata in una vera e propria gabbia istituzionale fatta di passaggi, procedure, e, non ultime, intenzioni dei singoli protagonisti di questa vicenda. 

Soprattutto il protagonista centrale l’Avvocato Conte, che è stato ed è ancora il perno di questo governo. Una offerta a Di Maio implica infatti un passaggio di testimone a Palazzo Chigi. Per dirla brutalmente, implica che il Premier attuale lasci Palazzo Chigi.  Questa rimozione è il vero senso che c’è dietro l’offerta di premierato a Di Maio.  Se non ci fosse questo cambio al vertice di Chigi, la riappacificazione dentro il governo prenderebbe infatti la forma di un Conte bis, un nuovo esecutivo magari con vari ministri cambiati, in aggiunta a una qualche modifica del vecchio contratto. 

Ma, come si diceva all’inizio, la frizione reale della crisi per Salvini è nata proprio da Conte, per il quale il nostro interlocutore non risparmia aggettivi sprezzanti, che riguardano ruoli di cui il premier si è appropriato, la pretesa di levarsi al di sopra dell’esecutivo di cui doveva essere la bilancia, i rapporti con l’Europa portati via all’esecutivo, “è andato lui a trattare il ruolo del commissario Italiano!”, insomma una somma di vanità e arroganza, cui si è aggiunto il peso della lettera aperta di Ferragosto. La permanenza dell’inquilino di Palazzo Chigi a quell’indirizzo è, per quel che riguarda Salvini, scaduta. Ma, come per tutti i contratti degli affittuari, lo sgombero non è facile, specie se deve essere forzoso. 

La deadline per tutto questo psicodramma è il 20 agosto, il prossimo martedì quando il Premier si presenterà al Senato con delle sue risoluzioni sulla crisi. Finora si aspettava che la Lega potesse in quella sede sfiduciarlo, proponendo, cosa che ancora non ha fatto non a caso, una mozione in tal senso. Ma certo la Lega non può dare lo sfratto all’Avvocato, perché questo approfondirebbe lo strappo con i 5S – e dopo una sfiducia non avrebbe senso offrire una ricucitura ai 5S, nemmeno se si trattasse del posto di premier a Di Maio.

La soluzione migliore sarebbe che Conte si dimettesse di sua volontà . E se invece non si dimette, come filtra dal Palazzo?  Cosa farà la Lega? Ingoierà il rospo del Conte bis, in nome della pacificazione, o tornerà allo scontro? 

A meno che nel frattempo qualcuno non convinca Conte a dimettersi in nome di una “responsabilità” nei confronti del paese, per garantire la continuità di quella che Salvini ha chiamato  “la rivoluzione”. Una opera di convinzione che è, alla fin fine, il vero scambio che viene proposto ai Cinque stelle con l’offerta a Luigi Di Maio . Offerta che c’è ma, pare, non presentata ancora – perché al momento non si sa nemmeno se ci si arriva. In compenso, se si guarda alla giornata odierna, è già servita come deterrenza per sgonfiare i percorsi altrui – quelli dei Pentastellati, del Pd, e , non ultimo, forse, delle istituzioni.

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