I pieni poteri. Passo falso di Salvini

di RAFFAELE MARMO

Chiedere e invocare “i pieni poteri” come primo atto della campagna elettorale rischia di rivelarsi un passo falso per Matteo Salvini. Ma sarebbe un vero e proprio boomerang per lui tradurre questo triste slogan in una arrogante pretesa di autosufficienza contro e a dispetto dei suoi alleati storici. E si rivelerebbe un veleno micidiale per la coesione civile anche in caso di vittoria. 

La sola evocazione dei “pieni poteri” in un Paese che ha vissuto il Ventennio fascista dovrebbe essere bandita come un’eresia. Ma prima ancora di questo un’idea di tal fatta non può che essere ritenuta antitetica rispetto alla stessa constituency della democrazia rappresentativa. I poteri, per definizione, non possono essere “pieni” per nessun organo dello Stato, ma divisi e diffusi secondo i principi e le regole della Costituzione repubblicana e dello Stato di diritto.

Dunque, quello del leader leghista è stato un autentico autogol. Ma non lo è meno l’istinto al non fare squadra e a giocare da solo, come uomo solo al comando e come Lega, escludendo Fratelli d’Italia e Forza Italia e i rispettivi esponenti e cancellando ogni logica di coalizione di centro-destra. La presunzione del partito “unico” a gestione personalista non solo può risultare perdente, ma, anche laddove dovessero andare bene le elezioni, potrebbe produrre un drammatico effetto di isolamento e di chiusura rispetto a istanze e valori che appartengono ad altre aree politico-culturali del centro e della destra. Senza contare che, a quel punto, non si capirebbe più (se mai si è compreso fino a oggi) perché Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni non dovrebbero far saltare tutte le giunte regionali e comunali nelle quali sono alleati del Carroccio.

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