Di Maio, ultimo sussulto: gioca la carta anti casta. “Ma noi pronti al voto”

Domenico Di Sanzo

«Di Maio è chiuso in ufficio a lavorare». A rendere ancora più surreale l’escalation della crisi di governo, sono le frasi fatte filtrare nel pomeriggio di ieri dall’entourage del vicepremier e capo politico del M5s.

Nelle stesse ore, il Ministro dell’Interno Matteo Salvini dettava una nota in cui, di fatto, dichiarava chiusa l’esperienza gialloverde e auspicava un ritorno alle urne in tempi rapidi. Passa qualche altra ora e Salvini, il gran cerimoniere della crisi, incontra il premier Giuseppe Conte. Nelle ore cruciali Di Maio è desaparecido. Annulla l’appuntamento in Emilia Romagna. Quindi convoca i capigruppo di Camera e Senato Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli e le agenzie dettano una nota di risposta all’accelerazione leghista: «La nota della Lega è incomprensibile, dicano chiaramente cosa vogliono fare. Siano chiari».

Nel frattempo deputati e senatori, alcuni già partiti per le ferie, brancolano nel buio. «Qua ancora nessuno ci ha convocato», dice uno di loro nel tardo pomeriggio. Il ventre dei gruppi parlamentari è appeso al prosieguo della legislatura. E qualcuno, che ha accesso ai colloqui ristretti e riservati di Di Maio, rivela: «Noi saremmo ancora disposti a concedere posti chiave di governo alla Lega». Ma è tardi, perfino per l’ennesimo inchino. Il capo politico, che sa perfettamente che la fine del governo potrebbe innescare un risiko interno imprevedibile nel M5s, in serata ha fatto pervenire un suo messaggio: «Giornata difficile. Stiamo lavorando per il Paese. Sono tranquillo». Ore febbrili in cui si sono susseguiti i contatti con tutte le anime del Movimento. Da quella aziendale incarnata dalla Casaleggio Associati agli ortodossi vicini al presidente della Camera Roberto Fico. Quindi la decisione di prendere atto della situazione.

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