Fine dei giochi, governo liquefatto

di RAFFAELE MARMO

Comunque vada a finire (con una crisi vera, con un mezzo-rimpasto o con un’altra sceneggiata a uso social) una cosa è certa: il governo del contratto giallo-verde si è liquefatto sulla Tav a Palazzo Madama all’ombra dei 40 gradi di una torrida mattinata d’agosto. 
La liquefazione dell’esecutivo grillino-leghista e della maggioranza che lo sostiene è nei fatti, nella sua plasticità. Basta metterli in fila: la spaccatura clamorosa dei due partiti nel voto su un passaggio-chiave della politica economica, infrastrutturale e anche estera del Paese; l’assenza, altrettanto plateale, del Presidente del Consiglio dall’aula del Senato; i pareri opposti dati a nome del governo da due esponenti, uno del Carroccio e un altro del Movimento. 

Che altro doveva o dovrebbe in astratto accadere per certificare in maniera conclamata la fine del governo attuale e l’apertura della crisi? Niente. Eppure, nel mondo anomalo e stravagante della politica italiana dell’ultimo anno, lo scenario più lineare non è detto che sia il più probabile.
Nella estenuante partita a poker tra Matteo Salvini, Luigi Di Maio e Giuseppe Conte siamo all’ultima mano (almeno di questa fase) e solo nelle prossime ore capiremo e scopriremo se la giocata di Sabaudia del leader leghista segni davvero la chiusura del match o se si tratti di un altro mezzo punto. 

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