Pernigotti, la storia di 9 mesi di lotta: dall’annuncio della chiusura all’accordo spezzatino

Una reazione del personale Pernigotti che forse i proprietari non si attendevano così determinata, organizzata, un fronte granitico. Anche la città ha risposto e sostenuto la protesta, dall’amministrazione comunale alla diocesi con il vescovo Viola che la Notte di Natale ha voluto celebrare la messa nel piazzale dello stabilimento. Un momento toccante, uno dei tanti di solidarietà che hanno caratterizzato questi mesi, perché nessuno in città voleva rinunciare a quell’odore-profumo di cioccolato che si spandeva per la città durante le lavorazioni. Solidarietà culminata in una raccolta fondi da destinare alle famiglie dei lavoratori, per mesi senza stipendio e con la cassa integrazione poi  che ha ritardato ad arrivare.

E l’occupazione della fabbrica è continuata nell’arco delle 24 ore di ogni giorno per settimane, mesi.  Una protesta che ha avuto vasta eco in tutta Italia e che ha  richiamato in passerella, esponenti della politica nazionale: in primis il vice premier Luigi Di Maio che l’altro giorno ha convocato un tavolo al Mise per dire che il 6 agosto 2019, esattamente 9 mesi da quell’annuncio della chiusura della fabbrica,  la Pernigotti era salva. In realtà è stato firmato un accordo preliminare che dovrà essere formalizzato e concretizzato, ma tant’è, è bastato per dire: “Ce l’abbiamo fatta”. Eppure lui come gli altri esponenti di tutte le forze politiche, da Antonio Tajani, presidente del parlamento europeo (ora ex) all’allora presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, hanno spesso illuso i lavoratori promettendo aiuti e contatti anche con la stessa Turchia, che poi in realtà sono rimasti sulla carta. 

L’effetto maggiore che ha spinto la proprietà Pernigotti a un minimo di dietrofront, quanto meno sul salvataggio dello stabilimento, se non della cessione del marchio, è stato l’ostinazione a non mollare dei lavoratori, un’ostinazione ed un attaccamento alla maglia per usare una metafora calcistica, che ha probabilmente fortemente contribuito a convincere alcuni imprenditori italiani a farsi avanti. Supportato, bisogna riconoscerlo, da un’unità di crisi al Mise che ha portato all’accordo preliminare annunciato il 6 agosto 2019. Ma senza la tenacia dei lavoratori, non ci sarebbe mai stato questo risultato.

Lavoratori che in pullman hanno raggiunto Roma e La Stampa c’era al loro fianco, per incontrare lo stesso Di Maio  il 5 gennaio 2019. Poi ecco i lavoratori che sfilavano per Novi, con  la città che si univa a loro, ribadendo  che il cioccolato era come l’oro a Valenza: un simbolo da rispettare. Poi la corsa podistica con partenza e arrivo allo stabilimento: un altro successo di partecipazione e solidarietà. E sempre in pullman – e anche  lì La Stampa  c’era – i lavoratori Pernigotti a Rimini il 21 gennaio 2019 per la fiera del gelato per fare sentire la propria presenza, all’interno di una rassegna che vedeva in mostra lo stand della Pernigotti, nonostante  una situazione così drammatica in fabbrica. Era sembrata quasi una provocazione. Sempre con forza, ma con estrema civiltà una delegazione di lavoratori novesi aveva manifestato anche in quell’occasione.

Sono seguiti, nei primi mesi dell’anno 2019, gli annunci positivi e poi i dietrofront che facevano allontanare l’orizzonte di una possibile soluzione.

Un’altra illusione fu la legge per tutelare i marchi storici, in realtà si è rivelata una boutade: centrodestra, centrosinistra, grillini hanno presentato o annunciato  la loro proposta ma non poteva avere effetti su una crisi, come quella Pernigotti, già in atto. 

Il presidio della fabbrica è andato avanti avanti fino al 7 febbraio quando a Roma è stata firmata la cassa integrazione per i lavoratori: soldi presi soltanto mesi dopo, peraltro. E a fine febbraio una trentina di lavoratori è rientrata in azienda  richiamata dalla proprietà per non perdere le produzioni pasquali. Il momento dove il fronte dei lavoratori è sembrato scalfirsi. È allora che ha cominciato a farsi strada l’idea dello spezzatino, più imprenditori che si dividessero la diverse produzioni per conto di Pernigotti e che producessero a Novi anche loro specialità. Sono circolati tanti nomi, dalla Colussi alla Laica di Novara. 

E negli ultimi mesi un tira e molla di passi avanti e indietro in particolare con Emendatori per il settore della gelateria con la minaccia dei lavoratori di tornare a occupare la fabbrica, fino all’accordo preliminare del 7 agosto. Alla fine Pernigotti salva? La cautela è d’obbligo, la prossima data fatidica è il 30 settembre: data entro la quale concretizzare l’intesa. Ne hanno viste troppe in questi mesi i lavoratori Pernigotti per sbilanciarsi e cantare vittoria. 

LA STAMPA

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