Decreto sicurezza bis, l’aiuto della coppia «sudamericana» e la scelta di Forza Italia sulla soglia

Sembrava appeso a questi due senatori il destino del governo. E invece non era così. Non è mai stato così. La maggioranza era andata a caccia dei voti della Südtiroler Volkspartei, contando sul fatto che quel partito è già al governo con la Lega in Alto Adige. Ma la presidente del gruppo delle Autonomie, Julia Unterberger, nega che questa ipotesi sia mai stata in piedi: «Non mi piace questo decreto, non appoggio questo governo. Non ho mai pensato a votare sì». Nessun problema.

Perché invece di andare alla caccia di qualche salvagente, sotto forma di voti sparsi qua e là come quello dell’ex M5S Maurizio Buccarella, la maggioranza ha guadagnato un’intera scialuppa di salvataggio. E cioè le scelte fatte da Forza Italia e da Fratelli d’Italia. Intendiamoci, con i 160 sì incassati a Palazzo Madama la maggioranza avrebbe tenuto lo stesso. Ma sono state proprio le scelte di questi due partiti ad abbassare il numero dei voti necessari per passare. Oltre alle assenze, una trentina, tra le quali spunta quella di Matteo Renzi di rientro dagli Usa.

Forza Italia era in Aula ma non ha partecipato al voto. Fratelli d’Italia ha scelto l’astensione. Con il nuovo regolamento del Senato, entrato in vigore in questa legislatura, i loro senatori non sono stati conteggiati in quello che impropriamente viene chiamato quorum, cioè la maggioranza per approvare la fiducia. Non lo sapevano? Oppure lo sapevano e in questo modo hanno dato comunque una mano al governo?

Verso ora di pranzo Forza Italia sembrava orientata a lasciare l’Aula al momento del voto. Una decisione poi ammorbidita proprio con la scelta di restare dentro per mettere agli atti la non partecipazione al voto. Non sarebbe cambiato nulla, si scopre ora. Ma in quel momento sembra una differenza decisiva. E infatti circola la voce che a lasciare l’Aula possano essere i cosiddetti «totiani», vicini a Giovanni Toti e quindi a Matteo Salvini. «Abbiamo capito che non è più necessario» dice un’oretta prima della chiama il più alto in grado tra loro, Paolo Romani. È il segnale che un’avanguardia pronta ad aiutare il governo c’era davvero. Mentre a scanso di equivoci Niccolò Ghedini, lo storico avvocato di Berlusconi, era già lontano da Palazzo Madama: «Non è una scelta politica, sono sulla strada di casa, grazie».

Davanti a tanti salvatori, alla fine i ribelli del M5S si sono ridotti a cinque: Virginia La Mura, Matteo Mantero, Michela Montevecchi, Lello Ciampolillo, Elena Fattori. «Non voto un decreto che va contro qualsiasi principio umanitario», dice La Mura. «È ora di mettere un limite alla strafottenza della Lega» aggiunge Mantero. Ma davanti a quei 160 voti le loro voci si sentono appena. In fondo come dice Alberto Airola, ribelle pentito che alla fine ha votato sì e che cita Rino Formica, «la politica è sangue e merda».

CORRIERE.IT

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