L’incoscienza al potere

CARLO VERDELLI

Povero Mattarella, e povera Italia. Proprio ieri, alla cerimonia del Ventaglio, tradizionale saluto all’informazione prima delle vacanze, il presidente della Repubblica aveva esortato le forze politiche a evitare conflittualità, ricordando come la collaborazione favorisca le decisioni. Intanto che le sue parole uscivano dal Quirinale (“evitare conflittualità”, “collaborazione nelle istituzioni”), Matteo Salvini rifilava un ceffone, l’ennesimo in verità, al suo e nostro presidente del Consiglio: “Del discorso di Conte mi interessa meno che zero”. Si riferiva all’intervento del giorno prima del premier su Moscopoli. Intervento per altro molto cauto, recitato in un Senato dimezzato dall’assenza dei parlamentari grillini, posto che abbia ancora un senso chiamarli così, cioè la parte politica che virtualmente rappresenta la maggioranza di governo e di cui il premier stesso è espressione.

In ogni altra democrazia del mondo, giunti al punto in cui siamo, il presidente del Consiglio avrebbe già decorosamente rimesso il suo mandato, le Camere sarebbero state sciolte, il voto anticipato alle viste. Al di là di ogni appartenenza o simpatia politica, la situazione ha da settimane superato il punto di un possibile ritorno a un minimo di dignità, dove per dignità si intende che le forze di governo, avendo perso per via ogni punto di contatto e di condivisione, ne prendono responsabilmente atto e stracciano il risibile contratto che le ha artificialmente tenute insieme per un anno di travagliata convivenza.

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