Governo alla trattativa finale “Siamo nelle mani di Dio”

Al netto delle simulazioni e del gioco delle parti, però, il calendario dei prossimi giorni non è dei più semplici per la maggioranza gialloverde. Nel giro di poche ore si accavallano tre nodi che stanno infiammando i rapporti già traballanti tra i due azionisti di governo: l’autonomia delle regioni del nord, il Russia-gate leghista, il voto sul dl Sicurezza bis di impronta salviniana perciò sgradito ai pentastellati. Quel che succederà su ognuno dei tre dossier influenzerà l’esito degli altri. La partita sull’autonomia è probabilmente la più complicata. Dopo il botta e risposta tra Conte e i due governatori leghisti Fontana e Zaia, sempre più spazientiti per il tentativo di sabotaggio della riforma, il premier ha chiesto un vertice chiarificatore con i due vicepremier e annunciato un tavolo tecnico con la ministra Erika Stefani e gli stessi presidenti di regione. Ma all’annuncio non è seguita alcuna convocazione, mentre Salvini ha smentito le voci su un faccia a faccia con Di Maio («Non ho incontri in agenda. Per il futuro siamo nelle mani del buon Dio»). Per oggi era prevista una riunione per discutere due capitoli fondamentali dell’autonomia differenziata, la parte finanziaria e i poteri delle regioni in materia di beni culturali, sezioni già concordate nella bozza ma poi rimesse in discussione dai grillini (spalleggiati da Conte) che vorrebbero un sistema di perequazione che di fatto annulla gli effetti positivi dell’autonomia con l’introduzione di un tetto al Pil sforato il quale Lombardia e Veneto dovrebbero versare l’eccedenza al sud (una follia firmata dalla ministra M5s Lezzi). Di Maio ribadisce la litania meridionalista: «Ascoltiamo i governatori, ma non permetteremo a nessuno di spaccare il l’Italia». La data per la resa dei conti sull’autonomia sarebbe giovedì, in Consiglio dei ministri, ma con le divergenze in campo e la dichiarazione dei governatori di non voler firmare accordi al ribasso l’eventualità che l’approdo del testo a Palazzo Chigi slitti nuovamente resta alta. Poi ci sarebbe comunque il passaggio in Parlamento, per cui l’odissea dell’autonomia (i referendum in Lombardia e Veneto sono stati nell’ottobre del 2017) è ancora lunga.

Nel frattempo il governo sarà sotto stress anche sugli altri due fronti. Mercoledì pomeriggio il premier Conte è atteso al Senato per riferire sulle «presunte trattative tra esponenti del partito Lega-Salvini Premier e personalità di nazionalità russa», così si legge nel calendario di Palazzo Madama. I toni usati dal premier, e poi dal M5s nel dibattito in aula che ne seguirà, saranno analizzati minuziosamente dai leghisti per pesare l’affidabilità del partner di governo. Il senatore Salvini potrebbe intervenire a nome della Lega, ma una replica diretta del leader leghista al premier alzerebbe notevolmente la tensione, per questo motivo l’intervento di Salvini non è dato ancora per certo. Poi c’è il dl Sicurezza, approdato ieri alla Camera. Salvini vuole approvarlo prima della pausa estiva, perciò non si esclude il ricorso al voto di fiducia in modo da accelerarne il passaggio al Senato per l’ok definitivo. Nei lavori preparatori nelle commissioni non sono mancate le tensioni tra Lega e M5s, che ha accusato Salvini di voler fare «solo propaganda» ma che poi ha finito col firmare gli emendamenti leghisti. Il braccio di ferro si potrebbe risolvere nel solito fuoco di paglia per eccitare i rispettivi elettori, ma potrebbe anche riproporsi in aula.

IL GIORNALE



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