A un passo dall’intesa

Ecco il punto d’equilibrio spericolato su cui Conte sta giocando la sua partita: evitare la stangata di Bruxelles, dare ossigeno all’esperienza dei gialloverdi. Ma farlo togliendo anzitutto quella che sarebbe la principale pistola fumante in mano a Matteo Salvini per strappare e infilarsi nel buco di una crisi immediata per andare al voto a settembre. Dall’altro mettere una seria ipoteca sulla fattibilità della flat tax.

Il gioco di sponda, almeno indiretto, con Luigi Di Maio è evidente. Perché, tra i tanti motivi di aspro confronto tra i due vicepremier, nelle ultime ore la tassa piatta ha perso decisamente quota, con il capo politico 5 stelle che ripete ai suoi come non è da escludere che, se necessario, che le misure fondamentali della prossima legge di bilancio possano essere finanziate in deficit.

La prospettiva è quella cui il governo gialloverde ha ormai abituato: chiuso un fronte, ecco aprirsene un altro, diretto conseguenza di quello appena chiuso. I tempi sono strettissimi. Conte tornerà nella notte tra sabato e domenica, atteso poi a Bruxelles alle 18.00 dello stesso giorno dove i leader europei si sono convocati (fino all’ora di pranzo di lunedì) per chiudere la complicata partita delle nomine. Un nuovo aereo, e ventiquattrore dopo di nuovo a Roma, per presiedere il Consiglio dei ministri decisivo in vista del Consiglio europeo informale del giorno dopo (e poi dell’Ecofin) dove la partita verrà chiusa. Qualunque sia l’esito, fra 120 ore si avrà un quadro più nitido della sorte del nostro paese. E del governo sovranista.

L’HUFFPOST

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