I sentieri segreti dei migranti per bucare i confini italiani

Arrivati al confine imboccano i sentieri boschivi che collegano la Slovenia all’Italia. Gli ultimi giorni di viaggio si consumano lì, nascosti tra gli alberi come fantasmi nel buio della notte. “In Croazia molti di noi sono stati picchiati”, dice Omar ripetendo più volte il gesto delle bastonate. Lo incontriamo alle prime luci dell’alba poco oltre il confine di Pesek. Cammina sulla statale verso Trieste con altri sette algerini. Il viaggio è stato duro, ma senza intoppi nell’ultimo tratto: “Qui è difficile essere presi – spiega – Passiamo nei boschi, al buio, in montagna. Nessuno può vederci”.

Migranti, i sentieri segreti della rotta balcanica Pubblica sul tuo sito

La polizia italiana pattuglia il retrovalico, ma è impossibile chiudere tutti i buchi di un groviera. Vale a Tarvisio come a Gorizia. Ma soprattutto a Basovizza, Pesek e Dolina. I migranti sbucano a ripetizione dalle “carrarecce” e una volta nel Belpaese rimandarli indietro è complicato.

Omar e i gli altri irregolari vengono bloccati dalla polizia poco prima dell’ingresso in città. “Fate silenzio e mettetevi lungo il muro”, intima un agente. I migranti si siedono, non reagiscono. Non sembrano neppure preoccupati. Vengono perquisiti, caricati su un furgone e trasportati negli uffici delle forze dell’ordine. Qui inizia la “lunga trafila” frutto delle lacunose regole europee e di accordi bilaterali incompleti. “Li fotosegnaliamo e poi decidiamo cosa farne”, confida un agente. La riammissione a Lubiana è possibile entro 24 ore, visto che sono stati beccati entro i 10 km di retrovalico. Ma ci sono alcuni “però”: “Bisogna vedere se chiedono asilo e poi la mole di carte è immane”.

I migranti conoscono le carenze delle politiche migratorie Ue. E le sfruttano. Appena superato il confine si cambiano i vestiti e trasformano i boschi in un cimitero di indumenti. “Lo fanno per evitare che l’Italia trovi la prova del loro passaggio in Slovenia – aggiunge Alessio Edoardo, segretario generale provinciale dell’Fsp Polizia – Altrimenti rischiano il rimpatrio”.

Per chi non viene intercettato dalle pattuglie e riesce a raggiungere Trieste, il primo pensiero è ottenere i permessi per rimanere in Europa. Alcuni si autodenunciano in questura, altri si presentano alla polizia ferroviaria o negli uffici della frontiera marittima. Domandano asilo politico. Un’accoglienza che – volenti o nolenti – a quel punto siamo quasi sempre obbligati a concedere.

IL GIORNALE

L’unico modo per evitare che sia l’Italia a farsene carico, infatti, è bloccare i migranti prima della frontiera e lasciare che sia Lubiana ad occuparsene. Matteo Salvini ipotizza la costruzione di un muro in stile Viktor Orban, il governatore leghista Fedriga si dice pronto a fare “tutto il necessario” per fermare gli ingressi irregolari. Basterà? “Non so come andrà a finire”, confida Omar. “Io intanto sono arrivato. Inshallah”.

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