“A Taranto priorità ai 15 mila posti a rischio”. “La trattativa è in corso, non interferire” Salvini e Di Maio litigano anche sull’Ilva

Dal Mise la prima risposta a questo nuovo polverone che allarma sindacati e imprese è stata la convocazione per lunedì 9 (e non il 4 come reso noto in precedenza) di un tavolo con sindacati, ArcelorMittal Italia ed i tre commissari straotdinari che hanno in carico altri 2-3000 dipendenti. Con Di Maio chein tv mette in chiaro di «non essere disponibile ad accettare ricatti» sostenendo che da questa vicenda «se ne uscirà col buon senso». Com’è noto, l’altro ieri parlando a Bruxelles, il numero uno di ArcelorMittal Europe, Geert Van Poelvoorde, aveva messo in chiaro che la cancellazione dell’immunità penale sui reati ambientali disposta col Decreto crescita in assenza di correttivi avrebbe indotto il gigante siderurgico franco-indiano a fermare Taranto (e Genova e Novi Ligure) dal 6 settembre.

Appelli alla responsabilità
Il giorno dopo questo annuncio choc, da parte di tutti i sindacati arriva un appello al «senso di responsabilità», rivolto sia all’azienda che al governo. Francesca Re David (Fiom) ha definito «a dir poco incauta» la gestione di questa vicenda da parte del governo e definito «inaccettabile» l’atteggiamento di ArcelorMittal», due fattori che uniti «stanno addensando una tempesta perfetta che rischia di travolgere non solo Taranto, Genova e Novi Ligure, ma anche di minare le prospettive dell’intero settore siderurgico». «Alla luce della convocazione del ministro Di Maio, adesso ci aspettiamo che ci sia lo stop alla procedura della cassa integrazione» ha dichiarato invece il segretario generale aggiunto della Fim Cisl Taranto Brindisi, Biagio Prisciano. Che al governo, nel caso in cui Arcelor Mittal dovesse decidere davvero di lasciare, chiede «come si tutelano tutti i lavoratori, compreso quelli dell’appalto, e che fine farebbe l’ambientalizzazione della fabbrica: mi viene da dire no ad una seconda Bagnoli». Da Taranto intanto rimbalzano con forze le preoccupazioni dei lavoratori: «Per favore evitate altri disastri sulla nostra pelle».

LA STAMPA

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