Sea Watch attacca l’Italia: “Il vostro confine è disumano”

Poi arriva nuovamente la richiesta di un porto sicuro per lo sbarco: “È automatico – prosegue Sea Watch – che la presenza di naufraghi a bordo presenta tutti i caratteri dell’emergenza e normalmente darebbe tutti il diritto a un comandante di entrare in porto e essere assistito. Il comandante sta assumendo un atteggiamento cauto di resistenza, e tuttavia è sempre più forte l’insofferenza sua, dell’equipaggio e delle persone a bordo. La nave si muove si muove di continuo, la permanenza è debilitante”.

A questo punto Sea Watch rivendica la scelta di rifiutare lo sbarco in Libia attaccando anche le istituzioni europee: “Ci sono storie di violenza condivise con il nostro equipaggio, detenuti per mesi anche un dodicenne, una persona ha visto uccidere un familiare sotto i suoi occhi in detenzione, un altro è stato costretto a seppellire i corpi per rendere la prigione presentabile in attesa di visite esterne. Sono storie di orrore – prosegue Sea Watch – sufficienti non riportare queste persone in Libia come ci viene indicato a seguito di questa indicazione con disumana, cinica e illegale, sarebbe reato di respingimento collettivo perchè la Libia non Paese sicuro perchè in guerra, non abbiamo ricevuto altre indicazioni dalle autorità europee”. Infine arriva l’affondo, duro, contro il nostro Paese: “Intrappolati tra responsabilità del comandante sulla vita di questa persone e l’attacco e la criminalizzazione che ci aspetterebbe se varcassimo questa linea immaginaria, tra umanità e disumanità. Questo è diventato il confine italiano”. Lo scontro è ancora aperto e di fatto non finirà presto…

IL GIORNALE

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