La rapina silenziosa al bancomat pensionati: 118 milioni in un giorno

È per questo motivo che ieri Cgil, Cisl e Uil sono scese in piazza contro il governo a Piazza San Giovanni a Roma. Lo scopo era protestare contro il taglio delle perequazioni che, assieme al taglio delle pensioni elevate è una misura prevista dalla manovra al fine di attutire l’impatto finanziario del combinato disposto di reddito di cittadinanza e quota 100. I risparmi garantiti nel triennio 2019-2021 sono di circa 2,5 miliardi di euro dei quali 330 milioni solo per quest’anno (253 milioni dal blocco delle rivalutazioni e 76 milioni dalle pensioni d’oro). I sindacati tendono a «drammatizzare» l’effetto dello stop parlando di 3,5 miliardi perché, effettivamente, la riduzione delle rivalutazioni inciderà anche sugli anni successivi al 2021 facendo «dimagrire» gli assegni in virtù del minor recupero dell’inflazione.

Vale la pena di ricordare che tra 3 e 4 volte il minimo si perde il 3% del recupero dell’inflazione (cioè l’1,067% anziché l’1,1% della rivalutazione 2019), tra 4 e 5 volte si riceve il 77% dell’indicizzazione (cioè lo 0,847%), il 52% (0,572%) tra 5 e 6 volte, il 47% (0,517%) tra 6 e 8, il 45% (0,495%) tra 8 e 9 e solo il 40% (0,44%) sopra le 9 volte. Per la maggior parte dei trattamenti il taglio sarà irrisorio ma, vista la loro numerosità, l’introito sarà notevole. Come sottolineato ieri dai Cinque stelle, il conguaglio serve per ricuperare gli adeguamenti erogati in base ai coefficienti molto più generosi della Finanziaria 2001 (90% tra 3 e 5 volte il minimo e 75% sopra) applicati tra gennaio e marzo. I pentastellati, anzi, hanno sottolineato che il blocco delle rivalutazioni è stato più «generoso» rispetto a quello applicato dai governi precedenti. La sostanza, però, non cambia.

Lo stesso discorso vale per il taglio delle pensioni d’oro. I trattamenti vengono decurtati di un’aliquota percentuale in proporzione agli importi. Cinque le fasce: la riduzione parte dal 15% per la quota di importo da 100mila a 130mila euro. Si taglia, poi, il 25% per la quota da 130mila a 200mila euro, il 30% da 200mila a 350mila euro, il 35% da 350mila a 500mila euro fino ad arrivare al 40% oltre i 500mila. Questi pensionati, tuttavia, rientrano nella fascia di contribuenti che paga la maggiore quota dell’Irpef totale e, in particolare, tra quelli che finanziano maggiormente la sanità.

IL GIORNALE

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