Caos di governo tra pasticci e attacchi all’Europa

Il «placet» che i 5 Stelle hanno garantito al progetto sulla Flat tax certifica non solo la subalternità prodotta dal voto europeo, ma l’esigenza di non fornire alibi a Salvini per chiedere il voto anticipato: prospettiva non sventata. Prima, Di Maio riteneva da irresponsabili approvare provvedimenti senza copertura finanziaria. Ieri, invece, con lo spread, la differenza tra interessi sui titoli di Stato italiani e tedeschi, arrivato a 293 punti, il M5S ha dato disco verde. E questo mentre il costo del debito evoca una «sindrome greca». L’unico argine, tutto da pesare nella sua vera consistenza, è quello di Conte. Da Palazzo Chigi si fa sapere che il testo della Flat tax non è ancora arrivato; e che lunedì il premier vuole «parlare al Paese»: un annuncio che inspessisce il mistero sul governo. Rimane un conflitto aspro tra M5S e Lega; e al suo interno una sfida all’Europa che alla lunga promette di mettere il nostro Paese ai margini. Continuare a dire che il governo vuole «cambiare le regole, non uscire dall’Ue», come Salvini, non significa molto: non finché la richiesta è avanzata recriminando, in un isolamento crescente.

La Lega pensava a una sorta di «cartello sovranista» del quale si vedeva alla guida. Deve invece registrare la presa di distanze di sponde vantate come strategiche. L’Ungheria di Viktor Orbán e il partito Brexit dell’inglese Nigel Farage si sono già smarcati. Accade quello che si temeva: il sovranismo non prevede solidarietà tra forze nazionaliste, ma prevalenza di interessi contrapposti. E l’Italia è considerata in bilico: almeno fino a quando non mostrerà di essere consapevole della propria debolezza e dell’impossibilità di esorcizzarla aumentando il debito pubblico.

CORRIERE.IT

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